Reviewer Massimiliano Livi - Universität Trier
CitationQuello che andiamo qui a recensire è uno di quei volumi che spesso passano in secondo piano, perché di un genere particolare. Esso è, infatti, una raccolta di articoli pubblicati da Lutz Raphael tra il 1992 ed il 2016 e qui riproposti in maniera rivisitata, talvolta ampliata, in un unico volume. Una raccolta di articoli già pubblicati altrove non è certo uno di quei lavori che di per sé possa cambiare o influenzare gli orizzonti empirici, teorici o metodologici di una disciplina. In questo caso però il volume costituisce invece un’operazione assolutamente benaccetta per una serie di caratteristiche e qualità che possiede. Tra queste vi sicuramente il fatto che esso aiuti a mettere a fuoco, attraverso una prospettiva specifica, un importante nucleo tematico delle trasformazioni del moderno nelle sue implicazioni socio-strutturali e culturali durante il XX secolo, cui Lutz Raphael ha fornito un contributo fondamentale nella storiografia tedesca ed europea in genere. Il volume consente infatti, anche uno sguardo, volutamente specifico, sul complesso e variegato percorso di riflessione dell’autore. Nella raccolta esso si mostra coerente e preciso, in un continuo gioco di sponda tra la riflessione teorica sociologica, l’empiria storica e la sintesi metodologica per quanto riguarda la storia contemporanea che si affaccia al nuovo millennio.
Ad esempio, negli scritti qui riproposti, la riflessione di Lutz Raphael ruota attorno alla trasformazione, avvenuta nel XX secolo, dei modelli simbolici di riferimento (Ordnungsmuster) in relazione a una crescente penetrazione, sia in Germania sia in Francia e nell’Europa occidentale in genere, di metodi analitici scientifici nelle pratiche di programmazione politica e sociale.
A questa dinamica è dedicato il primo blocco di scritti in cui Lutz Raphael pone in risalto il processo di consolidamento (in particolar modo nel contributo numero 1) di figure di esperti e consulenti in tutti gli ambiti della politica che ha attraversato tutta la modernità, dagli anni Ottanta dell’Ottocento fino alla fine del XX secolo. Queste figure (sociologi, pedagoghi, economisti ecc.) hanno assunto nel tempo funzioni sempre più centrali nei percorsi decisionali, in qualità di istanze sia chiarificatrici, sia normative di fenomeni e processi sociali, contribuendo a raggiungere, e a volte imponendo, una standardizzazione scientifica, dei modelli simbolici di riferimento (nazione, popolo, solidarietà ecc) e quindi, in ultima istanza, delle relative pratiche (p. 7) ad esempio negli ambiti di istruzione, welfare, lavoro, famiglia ecc. Da un punto di vista empirico questa dinamica viene presa in esame da Lutz Raphael, tra gli altri, nel contributo numero 2, ovvero nel contesto dell’organizzazione totalitaria del potere durante il nazionalsocialismo e specificamente del socialdarwinismo. Adottando una periodizzazione più lunga, nel contributo numero 3 l’analisi si rivolge invece alle diverse fasi di riforma dello stato sociale tedesco tra il 1933 e il 1990. Qui Lutz Raphael prende in esame una lunga serie di figure di consulenti ed esperti scientifici (giuristi, economisti, esperti di statistica ecc.) per seguire la trasformazione della loro azione professionale in ambito di programmazione sociale e politica. Il percorso di evoluzione parte dall’impostazione tecnocratica della Repubblica di Weimar, attraversa la fase del regime nazionalsocialista, nel quale la funzione di esperti scientifici e consulenti divenne parte integrante della pianificazione del terrore, per giungere alla fase in cui, durante la Repubblica federale, il rapporto tra esperti e centri decisionali, normativi e di gestione del potere si professionalizza. Lutz Raphael riconosce infatti, dalla fine degli anni Cinquanta in avanti, un trend per il quale tutte le istituzioni coinvolte nei processi decisionali in ambito di politiche sociali iniziano a consultare propri esperti. Ciò non solo superava la rediviva impostazione weimariana nella quale gli esperti erano chiamati a sorreggere scientificamente ex post le linee politiche scelte, bensì creava anche una dinamica di diversificazione delle funzioni degli esperti, rendendoli simili a una sorta di tribuni dei più disparati gruppi di interesse (p. 110).
Lo stretto legame tra la consulenza scientifica e la decisione politica ha generato, al più tardi dagli anni Settanta, da un lato un’espansione istituzionale del personale delle amministrazioni, dall’altro non pochi conflitti tra le parti in gioco, circa la loro capacità di produrre nuove idee e nuovi orizzonti socio-politici (p. 114). Se durante la Repubblica di Weimar le consulenze servivano a legittimare scientificamente forme e norme socio-politiche e durante il regime nazista la consulenza fungeva da mero braccio scientifico della propaganda politico-ideologica del regime, fu, infatti, dai primi anni Settanta, con il dibattito sulla Neue soziale Frage che il parere degli esperti servì a generare una pluralità di modelli socio-politici. Quanto questi processi di scientificazione del sociale possano differire in contesti diversi, ovvero seguire percorsi paralleli, viene indagato da Lutz Raphael nell’ultimo blocco di contributi (dal numero 11 al numero 13) attraverso tre case-studies che riguardano Germania e Francia.
Nel secondo blocco di articoli (dal numero 4 al numero 6) l’autore propone tre esempi specifici in cui le scienze storiche si trovano a dover decostruire e analizzare i modelli simbolici di riferimento del passato, creando allo stesso tempo nuove categorie attraverso le quali comprenderne origine e sviluppo. È il caso ad esempio delle teorie della modernità e della modernizzazione europea, nonché dei loro modelli interpretativi (contributo numero 4). Per Lutz Raphael questi ultimi sono stati fortemente influenzati dalle narrazioni nazionali, pur contribuendo però, viceversa, ad immaginare una “storiografia europea” (contributo numero 5). Mentre gli sviluppi metodologici e teorici di una storiografia europea, non già in maniera comparativa ma piuttosto in una prospettiva che pone in risalto l’ambivalenza delle prospettive nazionali, sono al centro dei contributi del terzo blocco (dal numero 7 al numero 10), ancora nel secondo blocco di contributi Lutz Raphael mette invece in evidenza come, ponendo un focus mobile su tipologie di modelli ed elementi d’interpretazione della storia europea come quelli sviluppati nei contributi precedenti, non da ultimo anche le periodizzazioni “classiche” delle storiografie nazionali o di quella “europea”, possano essere relativizzate, portando in primo piano continuità altrimenti non evidenti e cesure inaspettate. È il caso del contributo numero 6, nel quale Lutz Raphael ripropone le basi del suo progetto ormai decennale (in collaborazione con Anselm Döring-Manteuffel) di analisi dei nuovi processi base che costituiscono la “preistoria del presente”.
Certamente in alcuni passaggi la natura della raccolta, nonostante la rielaborazione, mette a dura prova la coerenza interna del volume, anche riguardo al titolo stesso. Ciò non inficia però l’importanza di trovare riuniti in un'unica opera, tutt’altro che pleonastica, scritti metodologici e teorici per una storia sociale del presente che s’intrecci con quella della scienza e del sapere e con la storia culturale. Al contrario, alcuni contributi meriterebbero o meglio necessiterebbero di essere tradotti in italiano.