II, 2019/3

Daniel Bellingradt, Bernd-Christian Otto

Magical Manuscripts in Early Modern Europe

Review by: Matteo Largaiolli

Authors: Daniel Bellingradt, Bernd-Christian Otto
Title: Magical Manuscripts in Early Modern Europe. The Clandestine Trade In Illegal Book Collections
Place: London
Publisher: Palgrave Macmillan
Year: 2017
ISBN: 9783319595245
URL: link to the title

Reviewer Matteo Largaiolli - Università di Trento - Fondazione Bruno Kessler

Citation
M. Largaiolli, review of Daniel Bellingradt, Bernd-Christian Otto, Magical Manuscripts in Early Modern Europe. The Clandestine Trade In Illegal Book Collections, London, Palgrave Macmillan, 2017, in: ARO, II, 2019, 3, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2019/3/magical-manuscripts-in-early-modern-europe-matteo-largaiolli/

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Il volume ricostruisce la storia di una collezione di 140 manoscritti “magici” venduti a Lipsia nel 1710, sul mercato clandestino, da Samuel Schröer e oggi conservati a Lipsia, nella Biblioteca Universitaria, tra i Codices magici (nn. 1-142; una digitalizzazione dei manoscritti è disponibile al sito https://histbest.ub.uni-leipzig.de); si tratta di testi spesso multilingue, scritti o tradotti in tedesco (la maggior parte), ma anche in latino e in italiano, che in qualche raro caso contengono elementi di ebraico, greco e arabo. Il catalogo a stampa originale della vendita (quattro fogli in 4°, stampato da Paul Kühtze nel 1710), è riprodotto alle pagine 153-156.

I capitoli centrali del volume sono dedicati a tre concetti utilizzati per descrivere il corpus nel contesto della secolare tradizione della magia dotta occidentale ("Western learned magic"): eccezionalità, rarità, illegalità.

Nel capitolo dedicato all’eccezionalità, gli autori mostrano come il corpus di Lipsia presenti alcune caratteristiche tipiche della magia dotta occidentale: autorialità incerta, pseudo-epigrafia, anonimato, e un’alta fluidità dei testi, che ammettono ampliamenti, compendi, traduzioni, contaminazioni e che si configurano come "patchwork products" transculturali (p. 10) di prescrizioni rituali, ricette, indicazioni di metodo variamente combinate tra loro. D’altro canto la collezione di Lipsia rivela alcuni tratti unici: è una collezione ricchissima, conservata quasi nella sua interezza; alcuni pezzi della collezione sono strumenti rituali, più che testi; essa anticipa inoltre l’interesse di tutto il XVIII e XIX secolo per la magia dotta (p. 14). Anche il catalogo della vendita è di per sè interessante: si tratta di un catalogo a stampa per una collezione di manoscritti, privo di indicazioni di prezzo, provenienza e contatti per la vendita – assenze che si spiegano se si considera che la collezione era illegale e destinata a un mercato elitario e che la comunicazione di tali informazioni  avveniva probabilmente di persona (p. 15).

Il secondo tratto riconosciuto alla collezione è la sua rarità, legata alla natura manoscritta del corpus (pp. 30-32). La raccolta costituisce un chiaro esempio di come la scrittura a mano conservi la sua importanza anche dopo l’introduzione della stampa; il manoscritto permette infatti di nascondere meglio i testi e di proteggere i possessori dalla censura e dalle autorità: copie manoscritte di testi a stampa potevano circolare clandestinamente, come è attestato per alcuni dei pezzi della collezione. La scrittura a mano, cioè la personalizzazione del testo, era inoltre fondamentale per il rituale magico. Non da ultimo, i manoscritti rari garantivano profitti al venditore, che aveva tutto l’interesse a produrli e a commerciarli.

Infine, nel contesto delle diverse interpretazioni della magia e della stregoneria in età moderna in ambito giuridico, teologico, politico, viene discussa la natura “illegale” della collezione. Si sa ad esempio, che solo nel 1714 la Bücherkommission di Lipsia, preposta al controllo del mercato librario, cominciò a indagare sul catalogo e sulla collezione di testi magici – senza per altro individuarla, perché l’acquirente, venuto a conoscenza delle attività della censura, la nascose (p. 53).

A fare da sfondo a questa ricerca, Bellingradt e Otto analizzano anche le pratiche di collezionismo radicate nell’Europa del XVII e XVIII secolo: il mercato, clandestino e rischioso, era redditizio anche se elitario; proprio per la loro natura di libri proibiti (magici, eretici, ma anche pornografici), e quindi rari e illegali, questi testi manoscritti attiravano l’interesse di acquirenti disposti a pagare prezzi molto alti. Possedere libri rari e misterici, da esibire più che da leggere, era uno status symbol; la loro circolazione trovava inoltre terreno fertile in ambienti favorevoli, come nelle reti professionali dei medici (p. 34), un mondo  cui la tradizione magica era strettamente legata, anche nelle città universitarie di Lipsia e Halle.

La composizione e la traduzione dei testi magici in tedesco è apparsa come un processo di “democratizzazione” della magia dotta (p. 11), che ha ampliato lo spettro di autori e fruitori: la posizione di Bellingradt e Otto è che questo processo debba essere retrodatato, almeno nelle sue radici, al XVI secolo – come dimostra la presenza nel corpus di diverse versioni di manuali (tra cui l’Höllenzwang), che appaiono come l’esito di un lungo percorso di rivisitazione, e di libri di “segreti”, un genere già ampiamente circolante, anche in diversi contesti sociali, all’altezza della guerra dei Trent’anni.   

Anche il catalogo ragionato dei manoscritti, che rappresenta una parte consistente e necessaria del lavoro (pp.75-151), si rivela una fonte di informazioni e apre molti interrogativi di ricerca, a partire dalla materialità e dalla filologia dei testi. Un primo possibile approfondimento riguarda lo studio della fisicità di questi testi, a cominciare dall'omogeneità del formato (in 4°) e dalla diversità di consistenza (da pochi fogli a volumi corposi), nonché l'indagine relativa ai loro estensori: da un rapido sguardo  ai testi digitalizzati, sembra ad esempio che almeno quelli in volgare italiano siano stati copiati da un’unica mano.

Il lavoro di Bellingradt e Otto dimostra come lo studio di un corpus specialistico apra nuove prospettive sul commercio librario, sulla censura, sulla tradizione dei testi magici e sul ruolo delle comunità circoscritte (come quella dei medici) nell’attribuzione a oggetti come i libri di uno status che va al di là del loro contenuto. Gli autori si muovono, con molte intuizioni innovative, in una tradizione di ricerca che ricorda per certi aspetti la logica della filologia e della filologia dei testi a stampa, rappresentata ad esempio da G. Thomas Tanselle, che presta attenzione a diverse dimensioni dell’analisi dell’oggetto libro, in questo caso manoscritto: la sua creazione intellettuale (perché è stato scritto, che cos’è), la sua produzione materiale (perché è stato riprodotto), e la sua sopravvivenza documentaria (perché è stato conservato, ma anche come viene usato e pensato).

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