II, 2019/2

Raffaella Perin

La radio del papa

Review by: Federico Ruozzi

Authors: Raffaella Perin
Title: La radio del papa. Propaganda e diplomazia nella seconda guerra mondiale
Place: Bologna
Publisher: Il Mulino
Year: 2017
ISBN: 9788815272942
URL: link to the title

Reviewer Federico Ruozzi - Università di Modena e Reggio Emilia

Citation
F. Ruozzi, review of Raffaella Perin, La radio del papa. Propaganda e diplomazia nella seconda guerra mondiale, Bologna, Il Mulino, 2017, in: ARO, II, 2019, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2019/2/la-radio-del-papa-federico-ruozzi/

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È ormai assodato che non si può fare ricerca sulla storia della Chiesa degli ultimi due secoli senza prendere in considerazione l’apporto dei mezzi di comunicazione di massa sul governo della Chiesa medesima e sul Papato e gli effetti che questi hanno avuto, in particolare, sull’ecclesiologia, sulla pastorale, sull’evangelizzazione, sulla liturgia, sulla devozione, nonché sui grandi eventi religiosi. Il cinema, la radio, la televisione (e ora anche i social networks) diventano preziosi e inediti punti di osservazione su fatti ed episodi solo in parte già conosciuti. Come tutte le fonti, permettono di arricchire la ricostruzione delle vicende, di puntualizzare le dinamiche, di colorare i passaggi, di mettere a fuoco gli episodi. Perché di fonti si tratta. Fino a qualche tempo fa materia esclusiva – con poche e rare eccezioni – degli studiosi dei media, le fonti radiofoniche o quelle audiovisive sono ora entrate nella cassetta degli attrezzi anche degli storici della Chiesa, con esiti felici. Dopo anni in cui ci si limitava a rimarcarne l’importanza a livello teorico, anche grazie a una maggiore formazione interdisciplinare, una nuova filiera di giovani studiosi ha iniziato a ‘sporcarsi le mani’ con queste tipologie di documenti, tanto novecenteschi quanto euristicamente necessari. È il caso de La radio del papa scritto da Raffaella Perin, ricercatrice di Storia del cristianesimo presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, già conosciuta per i suoi precedenti lavori su Pio XI (curatela di Pius XI: Keywords. International Conference, Münster, Lit Verlag 2010; Pio XI nella crisi europea, Venezia, Edizioni Ca' Foscari 2016), sull’antisemitismo, sul modernismo e sulle minoranze in Italia. Il lavoro non è semplicemente una storia del mezzo, seppur utile e interessante, che ben mostra come Radio Vaticana abbia costituito uno dei "simboli della modernizzazione tecnologica cui la Chiesa fece ricorso" (p. 275). La storia di Radio Vaticana permette, in uno scenario più ampio, di studiare il governo della Chiesa di Pio XI nei primi anni di pontificato da una prospettiva nuova: "Il suo atteggiamento verso la radio rispecchia, infatti, i dubbi, le reticenze, la prudenza nei confronti di un conflitto che aveva messo in luce tutte le contraddizioni non solo della situazione internazionale tra le due guerre, ma anche della posizione assunta dalla Santa Sede in questo scorcio di secolo in cui si erano prodotti repentini cambiamenti" (p. 275).

Il libro propone infatti una dettagliata ricostruzione della storia di questa radio, dalla sua nascita, nel 1931, fino al termine della Seconda guerra mondiale. Il volume si apre con una doverosa breve ricostruzione del progetto di una stazione radiotrasmittente in Vaticano: "L’idea di dotare la Santa Sede di una propria stazione radio nacque dalla necessità di rendere le comunicazioni del papa e della Curia romana indipendenti dalle autorità italiane, attraverso le quali, prima della Conciliazione, doveva passare il traffico telefonico e telegrafico del Vaticano" (p. 22). Per questo prima nel 1918 e poi nel corso degli anni Venti, dopo la firma dei Patti Lateranensi e la nuova situazione giuridica apertasi, venne contattato Guglielmo Marconi. Il cuore della ricerca è però un altro ed è volto a colmare "un vuoto storiografico", indirizzando l’indagine verso l’uso che di questa radio aveva fatto la Santa Sede nel corso del conflitto (p. 7). Tra le motivazioni di questo disinteresse, oltre alla ritrosia a cimentarsi su certi argomenti da parte della cristianistica contemporanea, figura un dato non va trascurato, come spiega l’autrice nella sua introduzione, ovvero la difficoltà "di rinvenire le fonti" (p. 7), caso assai inconsueto per la contemporaneistica, abituata a ben altre rivoluzioni quantitative. La documentazione di ciò che andò in onda, come sa anche chi si è occupato di televisione negli anni Cinquanta, è infatti precaria quando non del tutto assente. Nulla è stato conservato delle registrazioni di Radio Vaticana. Queste lacune – riscontrabili anche per il settore radiofonico pubblico – riflettono d’altra parte una scarsa sensibilità verso politiche di mera conservazione che matureranno solo in anni più recenti (occorre ricordare che le Teche Rai nascono solamente alla metà degli anni Novanta). Proprio "la mancata conservazione nell’Archivio storico di Radio Vaticana di registrazioni sonore o di testi scritti, letti dai padri gesuiti incaricati" ha dunque spinto l’autrice. "a cercare altrove le fonti per la ricostruzione del palinsesto dell’emittente" (p. 7).

Siamo di fonte ad un lavoro storiografico di qualità, di cui consiglia la lettura anche ai giovani studiosi da una parte perché disvela il percorso dello storico volto ad aggirare l’apparente mancanza di fonti (avvalendosi di fonti indirette conservate negli archivi internazionali, dei dispacci diplomatici, dei servizi di monitoraggio governativi, delle trascrizioni fatte da appositi servizi, ecc.); dall’altra – sul versante metodologico – perché è un ottimo esempio di lettura critica delle fonti. La documentazione qui presa in considerazione presenta infatti insidie e difficoltà allo sguardo di chi le interroga. Di volta in volta, occorre ad esempio "verificare la veridicità di testi prodotti dai riceventi e non dai realizzatori" (p. 7), interpretare i riassunti dei testi letti in radio e gli adattamenti nelle rispettive lingue, il che non fa che aggiungere "un ulteriore elemento di mediazione" rispetto alla fonte originale (p. 13), fino a porsi il problema degli effetti dei media, prendendo in considerazione le reception theories, molto in voga in questi anni. Occorre dunque non scordarsi, alla fine, di porsi la domanda, non banale, "da chi veniva ascoltata Radio Vaticana?". Non chiedersi che tipo di pubblico la ascoltasse quotidianamente avrebbe infatti reso la ricerca indubbiamente più vaga. L’autrice lo sa bene, e proprio la ricerca condotta sul monitoraggio effettuato su Radio Vaticana 1) sui servizi di ascolto delle radio estere degli Stati coinvolti nella seconda guerra mondiale, 2) sul disturbo (jamming o bruillage) cui erano soggette le trasmissioni, 3) sulla loro ripresa nella stampa internazionale e da parte delle altre emittenti, costituisce "una prova della loro diffusione e della loro efficacia" (p. 15).

Seguendo i fili della diplomazia e della propaganda che la storia di Radio Vaticana intesse e intreccia con i vari Paesi, l’autrice. aggiunge così un imprescindibile tassello al lavorio della Segreteria di Stato negli anni della Seconda guerra mondiale, ma non solo. Tramite essa, si fa luce su zone d’ombra del già complesso rapporto tra Santa Sede e totalitarismi, tra Santa Sede e Shoah, nonché sulle molteplicità delle posizioni in campo, non riconducibili a una unica, monolitica e dunque superficiale. Come scrive l’autrice, infatti, "la ricostruzione dell’articolazione geografica e linguistica del palinsesto di Radio Vaticana ha permesso di porre in luce l’esistenza di punti di vista differenti sulla guerra e su quella che avrebbe potuto o dovuto essere la politica della Santa Sede, che trapelarono nelle trasmissioni" (p. 276), sia in modo esplicito, sia in modo più allusivo. Radio Vaticana era sì, finalmente, il grande mezzo per l’apostolato globale, portando nelle case la ‘voce del papa’, ma diventava anche lo strumento per far arrivare alle classi politiche dei Paesi in guerra, alle società colpite dal conflitto, ai preti e ai religiosi messaggi altri rispetto ai canali storicamente più istituzionali.

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