Reviewer Laura Di Fabio - FBK-ISIG
CitationIl volume nasce da un convegno organizzato presso l’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma nell’ottobre del 2014 e raccoglie una serie di contributi che si prefiggono l’obiettivo di fornire una panoramica della storia e dei compiti delle diverse commissioni storiche attuali in relazione al panorama interno e internazionale in cui sono chiamate a operare. Inoltre, ripercorre le relazioni tra gli storici, nel loro ruolo di esperti nei tribunali e/o nelle commissioni parlamentari, e la giustizia, nonché la costruzione e/o decostruzione delle politiche e delle culture della memoria.
I saggi raccolti dai due curatori Christoph Cornelißen e Paolo Pezzino presentano il variegato mondo delle commissioni storiche bilaterali e trilaterali in Europa. Dagli anni Cinquanta è stato affidato alle commissioni storiche il compito di riesaminare determinate (e controverse) vicende storiche. La fine della Guerra fredda e la caduta del regime sovietico hanno costretto le istituzioni, la pubblica opinione e soprattutto gli storici a interrogarsi sulle dittature del XX secolo e sui crimini perpetrati nel corso della Seconda guerra mondiale. Al tempo stesso anche negli Stati post-socialisti emerse la necessità di affrontare questioni urgenti sulle responsabilità del comunismo.
I curatori ricordano come la congiuntura favorevole degli anni Novanta nel proliferare delle commissioni storiche sia stata generata anche da un generale allontanamento dalle “storie magistrali” nazionali. Il paradigma dell’eroe cambia, lasciando spazio alle vite e ai destini delle vittime di atti di violenza. É una fase segnata dalle guerre in Jugoslavia e dalla nascita delle commissioni per la Verità e Riconciliazione in Sudafrica, i cui risultati risultano ancora problematici. Il tema della giustizia di transizione s’inserisce, così, nel dibattito pubblico e nel panorama storiografico internazionale. In esso possiamo identificare i due filoni della giustizia retributiva e riparativa – che caratterizza le politiche pubbliche della memoria (monumenti in ricordo delle vittime, cerimonie pubbliche, riconoscimento di responsabilità da parte dei rappresentanti delle istituzioni). Inoltre, il lavoro delle commissioni in quel periodo venne favorito dall’apertura degli archivi nell’Europa orientale. Ciò ha permesso di far venire alla luce le politiche di annientamento nazi-fasciste e molto altro.
Le commissioni storiche assumono una funzione compensativa. Le aspettative riposte dai committenti e dall’opinione pubblica, che le considerano come detentrici di una formula risolutiva dei conflitti tra diversi gruppi locali, nazionali e internazionali, hanno tuttavia portato spesso a dei fraintendimenti. Viene spiegato, infatti, che è utile interrogarsi su come e in quale misura gli storici “possano trasmettere una pluralità di identità e una pluralità di punti di vista se al contempo privilegiano posizioni specifiche. Il ruolo dello storico quale ‘esperto della verità’ non dovrebbe certamente essere sovraccaricato. Il suo compito consiste anzitutto nella ricostruzione plausibile” – precisano i curatori – “ma sicuramente non nella creazione di identità” [p. 337].
Wolfgang Schieder e Mariano Gabriele dedicano il loro contributo ai lavori e ai risultati della commissione storica italo-tedesca attiva tra il 2009 e il 2012. Il paradigma vittimario in questa circostanza ha permesso di approfondire i crimini nazisti contro la popolazione civile in tempo di guerra e durante l’occupazione dell’Alta Italia. Filippo Focardi, a tal proposito, riprende il discorso nella parte finale del volume dedicata alla costruzione delle politiche della memoria e contestualizza le attività della commissione nell’ambito dell’opinione pubblica. Raoul Pupo presenta invece una riflessione sulle commissioni italo-slovene e italo-croate istituite nel 1993 dai Ministeri degli Affari Esteri, che rispondono a quell’aspirazione delle commissioni storiche “di gettare i presupposti per affrontare criticamente una storia molto conflittuale” (p. 330). Christoph Cornelißen dedica un focus alle attività e agli obiettivi della commissione storica tedesco-ceco-slovacca, mentre Hans-Jürgen Bömelburg e Thomas Strobel testimoniano le proprie esperienze nella commissione congiunta tedesco-polacca per i libri di testo. Martin Schulze Wessel racconta la nascita spontanea per iniziativa di storici di entrambi i Paesi della commissione storica tedesco-ucraina e Tim Schanetzky affronta invece il ruolo delle commissioni storiche istituite da grandi gruppi economici. Eckart Conze descrive il lavoro della commissione storica indipendente sulla storia del Ministero degli Affari Esteri tedesco e Daniel Thürer affronta il caso svizzero sulla querelle intorno all' “oro nazista”. Lutz Klinkhammer ripercorre i lavori della commissione d’inchiesta parlamentare nominata dopo la scoperta dell’ “armadio della vergogna” nel 1996 in Italia e i suoi risvolti nel dibattito politico e pubblico. Paolo Pezzino racconta la propria esperienza di consulente presso la Procura militare di La Spezia riflettendo sul lavoro d’indagine dello storico e sulla collaborazione tra storici e giudici. Pier Paolo Portinaro ripercorre invece lo sviluppo della Transitional Justice nella sua dimensione transnazionale di catalizzatore dei diversi pareri giuridici e morali provenienti da diversi parti del mondo, Michele Battini offre una riflessione sui conflitti tra giustizia e verità storica e un excursus tra storiografia e memoria. La sezione dedicata alle culture della memoria si apre con il contributo di Constantin Goschler dedicato alla Fondazione “Erinnerung, Verantwortung und Zukunft”, in supporto a quanti hanno subito l’internamento e il lavoro forzato. Martin Sabrow focalizza l’attenzione sulle commissioni per l’elaborazione del passato del Partito del Socialismo unitario tedesco (SED), mentre Luca Baldissara approfondisce l’aspetto storiografico in relazione alle politiche della memoria. Sarebbe stato interessante accogliere nel volume anche la posizione di storici (e storiche) che non hanno partecipato in prima persona alle commissioni. Essi avrebbero offerto uno sguardo esterno per una prima storicizzazione del lavoro delle commissioni e spunti di riflessioni scevri da inevitabili condizionamenti. Tuttavia, il commento finale di Axel Schildt riflette criticamente sulle Commissioni, sistematizzando alcuni nodi irrisolti e questioni aperte che interessano sia l’istituzione e la funzione delle Commissioni, sia il ruolo degli stessi storici.