II, 2019/2

David von Mayenburg

Gemeiner Mann und Gemeines Recht

Review by: Angela De Benedictis

Authors: David von Mayenburg
Title: Gemeiner Mann und Gemeines Recht. Die Zwölf Artikel und das Recht des ländlichen Raums im Zeitalter des Bauernkriegs
Place: Frankfurt am Main
Publisher: Vittorio Klostermann
Year: 2018
ISBN: 9783465043331
URL: link to the title

Reviewer Angela De Benedictis - Università di Bologna

Citation
A. De Benedictis, review of David von Mayenburg, Gemeiner Mann und Gemeines Recht. Die Zwölf Artikel und das Recht des ländlichen Raums im Zeitalter des Bauernkriegs, Frankfurt am Main, Vittorio Klostermann, 2018, in: ARO, II, 2019, 2, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2019/2/gemeiner-mann-und-gemeines-recht-angela-de-benedictis/

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Nella collana “Studien zur europäischen Rechtsgeschichte” del Max-Planck-Institut für europäische Rechtsgeschichte è pubblicata la rielaborazione della Habilitationsschrift (2012) di David von Mayenburg, che attualmente detiene la cattedra di Storia del diritto moderno, Storia del diritto ecclesiastico e Diritto civile presso l’Istituto di Storia del diritto della Goethe-Universität di Frankfurt am Main.

Preceduto da alcuni consistenti saggi preparatori, lo studio si basa su una frequentazione e una conoscenza approfondita della storiografia modernistica sulla Guerra dei contadini del 1524-1525 e sulle richieste avanzate nei Dodici Articoli. Con tale storiografia, tra i protagonisti della quale emergono naturalmente Peter Blickle e Winfried Schulze, l’autore si confronta in modo metodologicamente esemplare, riuscendo a dimostrare come un problema della storia nazionale e confessionale, della storia politica, della storia economico-sociale tedesca possa e debba essere anche un problema di storia del diritto. E certamente, alla fine delle quasi cinquecento pagine del libro (di cui una novantina costituita dall’elenco di fonti e letteratura secondaria), il lettore può essere pienamente convinto della necessità di ribaltare il giudizio espresso ancora nel 1999 da Karl-Sigfried Bader, storico del diritto agrario, per il quale i Dodici Articoli non costituivano un fenomeno storico-giuridico. 

Il libro offre infatti una nuova interpretazione del rapporto tra uomo comune e diritto comune, che apre un nuovo fondamentale percorso di ricerca per chi voglia seguire le orme della metodologia e della acribia filologica messe in pratica da von Mayenburg.

Se Günther Franz (nei suoi studi tra gli anni Trenta e gli anni Settanta del secolo scorso) e poi Peter Blickle avevano ampiamente e ripetutamente sottolineato il ruolo svolto dal diritto antico e dal diritto divino nei Dodici Articoli, von Mayenburg ricerca invece quanto del diritto comune, cioè del diritto romano-canonico, sia presente nelle richieste formulate da singoli contadini e soprattutto da comunità contadine. E può farlo in qualità di giurista e storico del diritto. In quanto tale, riconosce alla nota tesi della giuridicizzazione dei conflitti sociali formulata da Winfried Schulze il merito di essere una pietra miliare sulla via di una analisi storico-giuridica della Guerra contadina. 

Corroborata da un confronto serrato con la teoria giuridica di Niklas Luhmann (di cui qui non si possono purtroppo riportare le argomentazioni per motivi di spazio), l’analisi di von Mayenburg è centrata sui Dodici Articoli dei contadini del 6-8 marzo 1525, e specificamente sugli articoli 6 e 7, quelli cioè che riguardano i servizi contadini nell’economia agraria delle comunità. La limitazione a questi soli due articoli si rende necessaria, per l’autore, al fine di poter procedere in modo sufficientemente esaustivo alla dimostrazione di quella dimensione giuridica che anche la storiografia giuridica aveva negato. Un'operazione al momento impossibile per tutti i Dodici Articoli. Anche l’ambito geografico è adeguatamente limitato: lo studio prende in esame la Germania sud-occidentale, escludendo quindi altri territori e di conseguenza anche i programmi di figure carismatiche come Thomas Müntzer e Michail Gaismair.

Gli articoli 6 e 7 erano incentrati sugli aggravî che riguardavano tanto le libertà economiche quanto le libertà di movimento dei corpi. L’Autore analizza il loro contenuto in base ai diversi punti di vista dei protagonisti del conflitto: contadini, signori e giuristi che rappresentavano gli uni o gli altri sulla base della scienza giuridica del tempo.

Le fonti utilizzate per verificare la dimensione giuridica degli articoli sono soprattutto fonti edite, dal momento che il materiale archivistico, peraltro preso in esame, offre prevalentemente regesti e non documentazione originale. Il libro riporta quindi ampie citazioni da edizioni di petizioni, edizioni della corrispondenza tra protagonisti delle vicende nei territori considerati, singole edizioni di contratti tra contadini e signori, scritti programmatici contadini, numerose cronache e testimonianze contemporanee, pubblicistica contemporanea. La prospettiva delle autorità è seguita attraverso gli Atti della Lega Sveva. Le fonti specificamente giuridiche sono costituite da pubblicazioni sul diritto comune a partire dal XV secolo; raccolte di consuetudini, ordinamenti di tribunali, di villaggio, di polizia; diritti territoriali; edizioni di atti processuali; lettere di giuristi nel periodo della sollevazione.

L’autore tende a precisare ripetutamente che al centro della sua ricerca non sta (come accade prevalentemente nella storiografia precedente) né il problema della natura rivoluzionaria né quello della dimensione filosofico-politica delle richieste contadine. La sua è una ricerca storico-giuridica, centrata cioè sull’essere e non sul dover essere del diritto. I Dodici Articoli sono letti non tanto come un documento politico utopistico o un testo teologico, quanto come un testo giuridico.

Alcuni casi di specifici conflitti già trattati dalla storiografia, e seguiti anche nel periodo precedente al 1524-1525, mostrano chiaramente come le comunità contadine argomentassero sì le loro richieste in base al diritto antico e al diritto divino, ma una volta verificata la indisponibilità dei signori ad accogliere le loro proteste procedessero poi ad adire alla via giuridica, sostenuti da avvocati che per loro presentavano ricorsi a tribunali composti da giuristi dotti e che deliberavano in base al diritto comune. Era questo, ad esempio, il caso di Kempten, nel conflitto tra il signore abate e la comunità contadina, prima che comunque prevalesse la scelta contadina per la dimensione violenta.

L’esame particolareggiato degli articoli 6 e 7 occupa nel libro una novantina di pagine (263-353). Quegli articoli riguardavano un aspetto centrale della costituzione agraria, poiché lavori servili non rappresentavano solo un aggravio economico, ma colpivano anche gli uomini in quanto tali e la loro forza lavoro elementare, cioè una parte sostanziale della vita umana. Anche in questa analisi l’autore sceglie di seguire in parte come esemplare uno specifico conflitto tra una piccola comunità di villaggio (Bussmanshausen, tra Memmingen e Ulm) e il suo signore. In gioco non era solo una questione economica. L’analisi delle fonti mostra infatti che i punti centrali del contrasto tra contadini e signore si possono riportare a tre principi fondamentali: certezza del diritto, reciprocità e giustizia.

I contadini insistevano sul fatto che i servizi richiesti dal signore dovessero limitarsi a quanto fissato in precedenti accordi (anche con signori precedenti) e che non potessero essere aumentati arbitrariamente. Consideravano i servizi come determinati da una relazione di scambio con il signore, in base ad accordi contrattuali: una concezione che non aveva una natura semplicemente economica, ma rappresentava l’esigenza di un diritto di autoregolamentazione della forza lavoro. Per i contadini e per le comunità contadine i signori che li costringevano a servizi contro il loro volere non agivano solo in modo violento, arbitrario e antigiuridico, ma trascuravano anche contemporaneamente la natura umana: trattavano i contadini come bestie.

L’esigenza contadina di fissare contrattualmente le relazioni giuridiche con i signori (espressa soprattutto nell’art. 7) veniva sostenuta, tramite i loro avvocati, in base a principi della dottrina di diritto comune che von Mayenburg illustra ampiamente (praescriptio, equità e grazia contro la rigidità della legge), sottolineando anche come il sola scriptura di Lutero corrispondesse in certo senso alla aequitas scripta dei giuristi (p. 299).

A poco più di cinque anni dal cinquecentenario della Guerra contadina, si può certamente affermare che questo libro costituisce una ricerca totalmente innovativa, così come lo erano state quelle di Blickle e di Schulze.

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