Reviewer Claudio Ferlan - FBK-ISIG
CitationUn mondo connesso è quello raccontato da Bernd Hausberger, professore di storia dell’America Latina a Città del Messico formatosi nell’ottima scuola viennese, uno dei luoghi che sul finire del secolo scorso ha dato un contributo fondamentale per l’apertura della storiografia europea – quella di lingua tedesca in particolare – a questioni di storia globale. Come dimostrato dalla sua trascorsa produzione scientifica, Hausberger muove dalla convinzione che tale storia si comprenda non solo attraverso le grandi narrazioni, ma anche grazie alle indagini su relazioni, trasferimenti, interazioni che vanno al di là delle frontiere e che investono molti campi dell’agire umano: economia, politica, cultura, religione, comunicazione, demografia. Il suo scopo in questo volume è coerentemente fissato fin dalla prima pagina dell’introduzione: proporre una prospettiva multifocale della prima globalizzazione (secoli XVI-XVIII) per fuggire l’eurocentrismo, come è ovvio, ma anche il ‘sinocentrismo’ verso il quale la recente ascesa della Cina nello scacchiere mondiale rischia di spingere la ricerca storica. A opinione dell’autore, le prospettive della global history si muovono tra questi due ‘centrismi’, a scapito della rilevanza dell’espansione iberica di Cinque e Seicento, frequentemente sottovalutata. Un’affermazione interessante, che lascia qualche dubbio, a fronte delle numerose ricerche dedicate alla realtà coloniale spagnola e portoghese le quali forse, agli occhi di Hausberger, rivelano una prospettiva non propriamente globale ma concentrata piuttosto sulle relazioni euroamericane. L’obiettivo prefissato viene raggiunto, attraverso una scrittura densa ma scorrevole, supportata da conoscenze bibliografiche di tutto riguardo, da un tanto esauriente quanto indispensabile apparato cartografico e da un’idea interpretativa coerente.
I primi tre capitoli gettano le fondamenta necessarie alla costruzione del discorso sulla «connessione del mondo» («die Verknüpfung der Welt») presentando una breve storia del concetto di storia globale (cap. I), un’attenta riflessione sulla questione della periodizzazione e, infine, un approfondimento sulle specificità culturali del XVI secolo, un periodo in cui si prende coscienza della dimensione geografica del pianeta, prima da parte dei cosmografi europei, presto seguiti dai loro colleghi ottomani. Scrivere di «cosmografia e conoscenza del mondo» (cap. III) consente di mettere in luce l’importanza del pensiero, di rimarcare come la «cosiddetta scoperta dell’America» sia stata prima cognitiva che geografica e come essa si sia alimentata anche attraverso una corposa circolazione di ipotesi e notizie, per mezzo dei manoscritti e della stampa. È convincente anche la riflessione sulla periodizzazione (cap. II), che induce l’autore, dopo aver presentato i modelli più frequenti in tema, a concludere per la necessità di rinunciare all’idea di una cronologia omogenea, valida per tutte le zone del mondo.
La parte principale del volume si sofferma sui modi concreti in cui la prima globalizzazione si è realizzata e manifestata. Un ruolo primario viene garantito all’espansione mercantile e all’economia (cap. VI), alle quali è dedicato un terzo dell’intero libro, in coerenza con le competenze specifiche dell’autore. I progressi tecnologici nella navigazione, non solo quella atlantica, sono al centro del capitolo, che parte dall’espansione iberica e dal conseguente stravolgimento dell’economia della prima età moderna per arrivare a ragionare sui diversi modi e sui tanti strumenti che hanno contribuito a fare del mondo un luogo ricco di correlazioni. L’elenco è lungo e non si limita a evidenziare l’assoluto rinnovamento del mercato portato dallo spostamento su scala planetaria di materie, prodotti e manufatti. Molto opportunamente Hausberger tiene conto anche di molte questioni legate alla costruzione e alla percorrenza delle rotte commerciali. Elenchiamone alcune: i modi e le difficoltà dei trasporti (pirateria, contrabbando); le conseguenze culturali (si pensi, per fare un esempio tra i tanti, alla rivoluzione del gusto originata dal commercio di cibi e bevande esotici) e materiali (costruzione di strade, di canali) della movimentazione delle merci; la costruzione di nuove realtà (compagnie) e infrastrutture commerciali; l’evoluzione del sistema bancario e creditizio; le caratteristiche della prima industrializzazione. Il lungo approfondimento sui nessi economici del mondo early modern non pecca certa di scarsa attenzione all’America iberica, anzi: il ruolo garantito al mondo dell’Atlantico meridionale è dominante. Particolarmente interessante è il paragrafo che presenta i tratti globali insiti nella «Trasformazione del commercio e dell’economia» (pp. 120-140), cercando di mettere in luce anche i mutamenti dei mercati interni (coloniale, europeo, asiatico e africano).
«Imperi e Stati» (cap. IV), «Religione e Missione» (cap. V) e «Uomini in Movimento» (cap. VII) sono gli altri punti di osservazione scelti per caratterizzare la storia della prima globalizzazione. L’ideologia imperiale viene individuata come un elemento che accomuna le culture europea, americana e asiatica. In questo senso, una rilevante caratterizzazione della prima età moderna è l’utilizzo dello sviluppo tecnologico in ambito militare, in particolare la rapidissima evoluzione delle armi da fuoco, la loro efficacia e la pronta diffusione tra popoli che non le conoscevano affatto, come le popolazioni dell’America settentrionale. Confermando un’attenzione privilegiata sulle questioni economiche, l’autore dedica alcune interessanti pagine alla fiscalità bellica e alla difficoltà di razionalizzazione del sistema da parte delle autorità imperiali, segno questo – uno tra i tanti – della complessità delle relazioni tra centro e periferie amministrative. La sezione dedicata alla storia religiosa è forse quella in cui lo sforzo di proporre uno sguardo multifocale è meno riuscito. Il cristianesimo la fa da assoluto padrone e il discorso si snoda toccando argomenti conosciuti quali il ruolo della rivendicazione universalista della civilizzazione occidentale nell’esperienza missionaria, specie in quella dell’America iberica e l’idea cattolica dello spazio globale come risarcimento per i territori persi in Europa dopo le riforme. Rimane la curiosità per una possibile riflessione globale sulle fedi diverse da quella cattolica, curiosità che le pagine dedicate alle missioni protestanti non riescono ad appagare. Parlare di uomini in movimento chiede inevitabilmente di soffermarsi sul commercio degli schiavi, questione storiografica centrale in ogni ragionamento sulla histoire connectée di età moderna. Al di là però delle giuste attenzioni su temi noti, Hausberger non manca di dare un opportuno rilievo alla mobilità regionale, soffermandosi su esempi tratti dalla storia tedesca che con efficacia restituiscono il quadro di un mondo profondamente in movimento, anche su scale differenti. Questo capitolo pare il più riuscito del lavoro, in quanto capace di dipanare la complessità della storia senza banalizzarla, attraverso brevi ma esaustivi cenni sui tratti caratterizzanti gli spostamenti delle donne, sulla mobilità sociale e sulle conseguenze delle migrazioni, non senza dimenticare le implicazioni economiche sottese al trasferirsi delle persone.
Il volume si chiude con breve «Riassunto ed epilogo» (cap. VIII), che ci si immagina molto utile per gli studenti universitari impegnati nello studio della storia globale. Lo sforzo di sintesi e sistematizzazione fatto dall’autore, infatti, suggerisce di considerare il suo lavoro come un ottimo manuale, chiaro, approfondito e solidamente supportato da una provata familiarità con il complicato tema della global history. Allo stesso tempo, la prospettiva multifocale proposta da Hausberger non manca di suggerire possibili nuove strade per la ricerca originale.