Reviewer Gabriele D’Ottavio
CitationNel 1948 i padri costituenti della Repubblica Federale Tedesca (RFT) evitarono di riprodurre quelle forme di dualismo che erano state ritenute corresponsabili della deriva presidenziale (prima) e antidemocratica (poi) della Repubblica di Weimar, definendo per la screditata carica del capo dello Stato un ruolo meramente notarile. Ciò non ha impedito a Theodor Heuss (1884-1963) – primo Presidente della RFT – di essere ricordato come una delle personalità più importanti della Germania uscita dalle macerie della Seconda guerra mondiale. La rilevanza di Heuss per la storia e la storiografia tedesche trova conferma in alcuni recenti studi che sono stati dedicati alla sua figura [1]. Esponente di primo piano del liberalismo tedesco, Heuss contribuì fattivamente alla costruzione del nuovo ordinamento democratico nella Germania Ovest, sin da quando partecipò, nel 1948, ai lavori dell’assemblea costituente. Nel decennio successivo, Heuss interpretò il ruolo di Presidente federale con autorevolezza e nel pieno rispetto dello spirito costituzionale, dedicando i suoi due mandati consecutivi (1949-1959) al non facile compito di ristabilire le credenziali politiche e morali dei tedeschi. Nel giro di pochi anni il primo Presidente della RFT acquisì un proprio prestigio internazionale e una popolarità assai più significativa di quella di molti altri leader politici tedeschi.
Il recente interesse degli storici tedeschi per la figura dello statista originario del Baden-Württemberg si spiega anche con la pubblicazione, a partire dal 2007, di una parte della sua corrispondenza privata. L’ultimo degli otto volumi della serie «Briefe» della «Theodor Heuss Stuttgarter Ausgabe», che viene qui presentato, è uscito nel 2014. Curato da Frieder Günther, il volume raccoglie 200 lettere – selezionate tra circa 10.500 – che Theodor Heuss scrisse di proprio pugno o dettò a voce tra il 16 settembre 1959 e il 12 dicembre 1963. Si tratta del periodo successivo alla fine del secondo mandato presidenziale, che coincise con gli ultimi quattro anni della sua vita. Tale periodo appare segnato da una tensione irrisolta tra l’aspirazione dell’ex-Presidente federale a tornare a essere un normale cittadino privato (Privatier) e la difficoltà di dismettere completamente i panni dell’uomo di Stato (Elder Statesman). È questa la principale chiave di lettura che il curatore del volume suggerisce per inquadrare l’impressionante numero di rapporti epistolari coltivati da Heuss dopo la fine dell’esercizio delle sue funzioni. Il proposito di Heuss di ritirarsi a vita privata, anche per potersi dedicare alla stesura delle sue memorie, venne bellamente ignorato da migliaia di cittadini che continuarono a rivolgersi all’ex-Presidente federale in forma scritta: con appelli, suppliche, petizioni, consulenze, richieste di raccomandazioni ecc. Per educazione e formazione, la figura di Heuss appare legata più al secolo che gli aveva dato gli albori che a quello in cui si trovò a compiere la sua azione pubblica. Di matrice ottocentesca era probabilmente anche la sua concezione del rapporto tra la sfera pubblica e quella privata, cioè basata sull’idea che i due ambiti fossero da tenere nettamente separati l’uno dall’altro. Tale concezione venne messa a dura prova dalla constatazione dell’ex-Presidente federale che per l’opinione pubblica tedesca egli continuava a rappresentare una figura di riferimento anche dopo la fine del suo incarico istituzionale. In molte delle lettere selezionate Heuss non fa mistero della sua insofferenza per l’irriverente superficialità con cui alcuni cittadini si rivolgevano a lui, pretendendo posti di lavoro, raccomandazioni o altri favori. Tale insofferenza rivelava, talvolta, un vero e proprio sentimento di frustrazione. Dopo che per dieci anni aveva incarnato il volto autorevole del nuovo Stato tedesco occidentale, Heuss avvertiva la funzione di vecchio notabile che i tanti questuanti implicitamente gli attribuivano non solo come una violazione del suo diritto a una vita privata, ma anche come uno svilimento della sua figura. Del resto, già sul finire del suo ultimo mandato si era lamentato per una rappresentazione mediatica che lo raffigurava come «papà Heuss».
Nonostante il suo crescente disappunto per il tempo che le «dozzine di lettere» ricevute quotidianamente sottraevano alle sue attività di studio e scrittura, Heuss non riuscì a sottrarsi all’onere della replica. In fin dei conti, il rapporto epistolare rappresentava anche l’unica forma di comunicazione attraverso cui Heuss poteva continuare a tenere uniti il suo presente e il suo passato. Da questo punto di vista, le lettere più rivelatrici della personalità dell’ex-Presidente federale sono quelle inviate alla sua compagna Toni Stolper, a cui Heuss affidava la lettura di tutti i suoi scritti e confidava le opinioni più riservate. Da quanto si evince dalla sua corrispondenza degli ultimi anni di vita, la condotta di Heuss, come cittadino privato e al tempo stesso come anziano uomo di Stato, non fu priva di ambivalenze e contraddizioni. Nella maggior parte dei casi Heuss si rifiutò, ad esempio, di spendere il proprio nome per cause private; tuttavia, gli capitò anche di segnalare o raccomandare persone a lui vicine. Coerentemente con la sobrietà e la serietà con cui aveva interpretato il suo ruolo di Presidente della Repubblica, Heuss evitò nel periodo successivo di intromettersi nelle vicende politiche del paese o di cedere alle richieste di intervento da parte di terzi. Significativa al riguardo la sua ferma indisponibilità a rilasciare dichiarazioni o commenti sulla celebre «Spiegel-Affäre». Come è noto, all’epoca la decisione del ministro della Difesa Franz Josef Strauss di ordinare, scavalcando la magistratura, la perquisizione della redazione e l’arresto del capo redattore e dell’editore Rudolf Augstein, considerati rei di alto tradimento, suscitò un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica.
D’altra parte, ci furono anche dei momenti in cui Heuss prese nettamente posizione, come quando condannò la violenta campagna elettorale condotta dai cristiano-democratici contro il candidato socialdemocratico Willy Brandt, reo, secondo i suoi detrattori, di aver abbandonato il paese negli anni più bui del nazismo. Inoltre, quando temette che la FDP (Freie Demokratische Partei) – il partito che aveva contribuito a fondare – potesse non raggiungere la soglia di sbarramento del 5% e rimanere fuori dal Parlamento, Heuss si spinse addirittura a prestare la sua immagine per un manifesto di partito che lo ritraeva sullo sfondo, come padre nobile dei liberali. Infine, nell’autunno 1961 esortò la FDP ad accelerare i negoziati sull’accordo di coalizione per la formazione del governo con i cristiano-democratici e a rinunciare ad alcune rivendicazioni, da lui giudicate inopportune, che erano state avanzate dalla leadership liberale nel corso delle trattative. Anche quest’ultimo episodio contribuisce a chiarire lo spessore politico di Theodor Heuss, nonché la sua crescente difficoltà a rapportarsi con dinamiche e pratiche che, implicitamente, mettevano in discussione un certo modo di concepire la politica.
Da questa particolare angolatura, la figura di Theodor Heuss del periodo 19591963 appare di un certo interesse anche per ripercorrere quella che la storiografia tedesca considera ormai da diverso tempo come la prima fase di sviluppo critico della società tedesca occidentale. I primi anni Sessanta inaugurarono infatti una fase in cui iniziarono a giungere a maturazione, a consolidarsi e al tempo stesso a trasformarsi, talvolta dissolvendosi, complessi processi politici, economici, sociali e valoriali. In particolare, fu con i primi anni Sessanta che la società tedesca iniziò a prendere coscienza del crescente benessere economico e delle nuove opportunità di sviluppo, lasciandosi alle spalle il clima di austerità che aveva segnato i primi anni di vita della RFT. Fu sempre all’inizio degli anni Sessanta che prese forma quella «rivoluzione partecipativa» che trasformò la società tedesca da disinteressata, se non apertamente ostile, nei confronti della politica in una invece sempre più capace e desiderosa di sfruttare pienamente i principali canali della partecipazione democratica. Infine, fu nei primi anni Sessanta che iniziarono a venire meno le figure politiche che avevano gestito la difficile transizione alla democrazia dopo il 1945. Si ricorda che nel 1963, l’anno della morte di Heuss, anche Konrad Adenauer, il primo Cancelliere della RFT, era stato costretto a lasciare il suo posto al più giovane Ludwig Erhard.
Il periodo tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta segnò un momento di passaggio importante nella storia politica e culturale della RFT e come tale fu anche percepito da alcuni contemporanei, come mostra l’osservatorio offerto dalla corrispondenza privata di Theodor Heuss. In conclusione, l’ultimo volume della serie «Briefe» della «Theodor Heuss Stuttgarter Ausgabe» costituisce un’opera fondamentale per chiunque voglia misurarsi con la biografia del primo Presidente della RFT, ma anche un testo molto utile per ricostruire la più ampia vicenda della democrazia tedesca nei primi due decenni del secondo dopoguerra.
[1] Tra gli studi più recenti sulla figura di Heuss si ricordano: E.W. Becker, Theodor Heuss. Bürger im Zeitalter der Extreme, Stuttgart 2011; P. Merseburger, Der Bürger als Präsident. Biographie, München 2012; J. Radkau, Theodor Heuss, München 2013.