Reviewer Katia Occhi - FBK-ISIG
CitationIl libro di Susanne Rau, professoressa di Storia e cultura degli spazi dell’età moderna all’Università di Erfurt, ci introduce all’interno del dibattito richiamato negli ultimi anni dal paradigma dello spatial turn. Il volume è proposto dall’editore Campus nella collana «Historische Einführungen» che recentemente ha ospitato agili sintesi dedicate agli orientamenti della storiografia tedesca: dalla storia biografica a cura di Thomas Etzemüller, alla storia dei rituali di Barbara Stollberg-Rilinger, a quella di genere curata da Claudia Opitz-Belakhal, solo per citarne alcuni. Si tratta di testi concepiti soprattutto come strumento per avvicinare i giovani ai dibattiti in corso nel mondo della ricerca scientifica, ma utili anche per offrire al pubblico un inquadramento sulle tendenze storiografiche degli ambienti accademici.
Come gli altri volumi della collana, il lavoro di Rau si propone di offrire una panoramica su una materia di richiamo, in questo caso la dimensione spaziale, che viene analizzata partendo dal concetto, per soffermarsi sulla terminologia dell’indagine spaziale, nonché sulle discipline influenzate da questo approccio. Il libro è suddiviso in tre parti: «Approccio storico e sistematico» (pp. 17-70), «Ambiti disciplinari» (pp. 71-121) e «Analisi dello spazio» (pp. 122-191).
L’apparato bibliografico è ampio, aggiornato e arricchito da un elenco delle risorse per la ricerca pubblicate online, oltre che da una lista delle riviste specializzate e dalle voci di dizionari (pp. 197-230). Sul sito dell’editore è inoltre possibile consultare la sezione «Ergänzungen zum Buch» dove si possono scaricare le appendici al libro comprendenti la bibliografia, il glossario, le fonti sia iconografiche, sia documentarie e gli indici delle materie e dei nomi. L’intento di integrare il testo a stampa con i materiali online è raggiunto attraverso glosse laterali pubblicate nel volume, dove il pittogramma di un mouse rimanda all’iconografia proposta dall’editore nel sito web.
Se sul piano dell’organizzazione del testo e degli apparati critici, il libro risulta gradevole, vediamo ora come si presentano i contenuti. Si parte da una breve storia dell’idea e delle teorie dello spazio, toccate sinteticamente a partire da Aristotele per esaminare il concetto nella filosofia medievale, in I. Newton e A. Einstein e poi sviscerare i concetti di uso comune e quelli impiegati nel dibattito scientifico e analitico. Rau mostra che l’analisi spaziale nelle discipline storiche non deriva dalla svolta dello spatial turn, ma affonda le proprie radici nel dibattito avviato nel tardo XIX secolo sia in tale campo del sapere che nelle discipline afferenti.
Il secondo capitolo si sofferma su una serie di approcci adottati negli ambiti della geografia, dell’antropologia culturale, della sociologia e delle scienze storiche, dove sono considerate le impostazioni delle diverse scuole al concetto spaziale, a partire dai brevi cenni fatti da Reinhart Kosellek, all’applicazione di Karl Schlögel, all’approccio della pratica dei luoghi di Michel de Certeau fino agli studi del gruppo di social sites, un network accademico che indaga in particolare gli utilizzi e le percezioni dei luoghi sia da una micro che da una macro prospettiva e ancora i lavori sui «luoghi della memoria» in ambito francese e tedesco.
La parte principale del volume è sviluppata nel terzo capitolo, dove Susanne Rau presenta una selezione di fonti per la ricerca, con la precisazione che «per l’indagine storica sulla dimensione spaziale non esistono fonti speciali … in quanto la dimensione spaziale è visibile per principio in ogni luogo …» (p. 125). Per questo tipo di approccio, precisa, possono essere usate le carte, le topografie, quanto i self-documents, i testamenti, gli inventari e ancora gli atti giudiziari. È necessario però analizzare la pluralità delle dimensioni spaziali nei loro relativi contesti. Solo così gli spazi non sono ridotti alla loro materialità o alla loro localizzazione.
Ma come si procede con la ricerca spaziale? Il capitolo offre lo schema con il quale è possibile analizzare la dimensione e le pratiche spaziali che l’autrice individua in: 1. determinazione dei tipi di spazio e relative configurazioni; 2. analisi delle dinamiche spaziali quali nascita, trasformazione e dissoluzione; 3. analisi delle costruzioni soggettive delle dimensioni spaziali: percezioni, memoria e rappresentazioni; 4. analisi delle pratiche spaziali, soprattutto degli usi dello spazio. Sia gli aspetti delle dinamiche spaziali, così come l’approccio percettivo riconducono all’importanza della dimensione temporale nell’esame dei luoghi. Essa permette di comprendere e illuminare il processo di costituzione dello spazio, la durata, i ritmi di utilizzo e di cambiamento. La griglia proposta dalla Rau vuole essere quindi uno strumento per differenziare i diversi piani e le modalità con cui lo spazio può essere approcciato.
L’autrice mostra che lo spettro euristico del concetto di spazio offre all’indagine una pluralità di risorse. Gli ambiti di applicazione dell’analisi spaziale storica vanno dunque dalla storia dei corpi, che attraverso i loro movimenti costituiscono degli spazi, alla storia di spazi pubblici o sacri o ancora alla storia degli insediamenti e delle regioni (intese come areas). Il concetto permette di indagare la storia religiosa, la storia politica, quella delle forme di comunicazione, la storia dei commerci e la storia economica, così come la storia agraria, la storia urbana e non ultima la global history. La costruzione sociale degli spazi – richiama Rau – induce a riflettere sulla configurazione del confine che è una costruzione politica e sociale che andrà indagata non all’interno dei confini nazionali, ma in prospettiva transnazionale o globale. L’autrice ricorda che nello studio della dimensione spaziale delle società storiche non ci si può astenere dal prendere in considerazione quale importanza attribuivano gli uomini all’ambiente, se sviluppavano un rapporto positivo o negativo verso lo spazio praticato e quali ripercussioni gli spazi sociali costituiti avevano verso la formazione dei singoli soggetti o dei gruppi. Anche lo studio di genere può profittare del paradigma spaziale per prendere in esame temi quali il ruolo delle attrici e degli attori nel processo di costituzione e di uso degli spazi, secondo i meccanismi d’inclusione e di esclusione (con l’accostamento non solo di spazio e razza o classe, ma anche di spazio e genere) oppure verificare le applicazioni di categorie di genere alle allegorie delle rappresentazioni geografiche (come l’immagine dell’Europa in veste di regina risalente al XVI secolo, che si può vedere nei materiali online).
Nel proporre le differenti analisi degli ordini spaziali in connessione con i contemporanei andamenti temporali e con l’esame dei discorsi e delle pratiche dei luoghi l’autrice mostra il potenziale di questo paradigma come strumento critico d’indagine delle scienze sociali. La sintesi sullo status questionis e il carattere introduttivo ai fondamenti teoretici rendono il libro particolarmente riuscito per la didattica accademica.