Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

39, 2013/1

Angela De Benedictis - Gustavo Corni - Brigitte Mazohl - Daniela Rando - Luise Schorn-Schütte (ed.)

Das Politische als Argument

Review by: Peter Becker

Editors: Angela De Benedictis - Gustavo Corni - Brigitte Mazohl - Daniela Rando - Luise Schorn-Schütte
Title: Das Politische als Argument. Beiträge zur Forschungsdebatte aus dem Internationalen Graduiertenkolleg «Politische Kommunikation von der Antike bis in das 20. Jahrhundert»
Place: Göttingen
Publisher: V&R unipress
Year: 2013
ISBN: 978-3-8471-0044-7

Reviewer Peter Becker

Citation
P. Becker, review of Angela De Benedictis - Gustavo Corni - Brigitte Mazohl - Daniela Rando - Luise Schorn-Schütte (ed.), Das Politische als Argument. Beiträge zur Forschungsdebatte aus dem Internationalen Graduiertenkolleg «Politische Kommunikation von der Antike bis in das 20. Jahrhundert», Göttingen, V&R unipress, 2013, in: ARO, 39, 2013, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2013/1/das-politische-als-argument-beitrage-zu-peter-becker/

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Gli «Schriften zur politischen Kommunikation» vogliono essere un contributo internazionale a una nuova storia del ‘politico’ (das Politische) che superi la periodizzazione epocale nella prospettiva dei cultural studies. I volumi di questa serie, cresciuti nel frattempo a undici, documentano in parte gli esiti raggiunti dalla Scuola di dottorato, diretta da storici e storiche delle Università di Francoforte, di Innsbruck, di Trento, di Bologna e Pavia. Una serie in lingua italiana, pubblicata dalle Edizioni di Storia e Letteratura di Roma, mette a disposizione anche del pubblico italiano la seconda parte degli innovativi lavori di ricerca di questo gruppo.

Il decimo volume degli «Schriften» tiene fede alle direttive programmatiche della Scuola: la realizzazione di uno scambio sovraregionale che non esiti a tematizzare le diverse tradizioni e i diversi approcci nazionali all’ambito del ‘politico’ stesso. La maggior parte dei volumi della serie è costruita in modo da presentare gli approfondimenti concettuali del mondo della ricerca sia in tedesco che in italiano, proponendo i singoli contributi in una delle due lingue e aggiungendo una sintesi nell’altra.

Questa breve caratterizzazione del progetto complessivo è necessaria per poter classificare in modo adeguato il volume della raccolta di saggi Das Politische als Argument. Infatti se non se ne è a conoscenza, un dibattito sovraregionale e incurante delle periodizzazioni epocali può infastidire. Questo vale soprattutto per il volume che presentiamo qui, dal momento che è la consapevole prosecuzione dei dibattiti teorici e storici del gruppo. Das Politische als Argument costruisce un dialogo tra ricercatori tedeschi e italiani per confrontarsi ancora una volta con le questioni che si trovano alla base della storia politica e per dare voce ai «verschiedenen methodischen Konzepte und politiktheoretischen Traditionen in West- und Südeuropa» (Einleitung, p. 8).

La differenza tra i progetti non è dovuta soltanto alla composizione sovraregionale ma anche al taglio concettuale del gruppo di ricerca. L’introduzione di Luise Schorn-Schütte, disponibile solo in lingua tedesca, puntualizza questa focalizzazione: per lei si tratta di come «sich die sprachliche Kommunikation über politische Entscheidungen und Institutionen, in politisch-theologisch-sozialen Konflikten, unter den daran Beteiligten als sprachliches Phänomen in seiner Grammatik und Semantik charakterisieren lässt» (Einleitung, p. 7).

Se l’accento cade sulla prospettiva della comunicazione, lo sguardo si allarga alla storia politica del pensiero e dei concetti. Si pone la questione della legittimazione del potere, della mediazione degli orientamenti, della comunicazione di regole e norme, dell’integrazione e dell’esclusione politica, dei protagonisti che compaiono sulla scena della conoscenza e dell’azione del ‘politico’ e, infine, della medialità dei loro atti linguistici. Questi ambiti tematici non sono delle pure liste di desiderata all’interno di uno scritto programmatico, ma definiscono gli ambiti di lavoro degli studenti, i cui contributi monografici sono raccolti nei volumi degli «Schriften zur politischen Kommunikation».

Nel volume Das Politische als Argument, il punto nodale si pone sulla base di questioni teorico-concettuali: sull’acquisizione della concezione politica fondamentale della Grecia classica, sugli elementi narrativi storiografici importanti per lo sviluppo di Stato e di dominio, nonché sulle condizioni della possibilità di integrazione di un sistema sociale che si definisce attraverso il cambiamento. I sei studiosi impiegano punti di vista diversi nella riflessione su queste problematiche basilari. È evidente qui uno scambio che va oltre la periodizzazione, una caratteristica essenziale della metodologia lavorativa della Scuola, già presente perciò in quanto tale nell’introduzione programmatica del primo volume della serie (cfr. L. Schorn-Schütte, Politische Kommunikation als Forschungsfeld. Einleitende Bemerkungen, in A. De Benedictis - G. Corni - B. Mazohl L. Schorn-Schütte [edd], Die Sprache des Politischen in actu. Zum Verhältnis von politischem Handeln und politischer Sprache von der Antike bis ins 20. Jahrhundert, Göttingen 2009, pp. 7-18, qui p. 8).

Non si deve trascurare tuttavia l’utilità di uno sguardo che offre tale ampiezza, soprattutto se ci si può valere di autori che riflettono con competenza sui rapporti di interazione tra le singole epoche. In questo volume, il contributo sul ‘politico’ nell’antica Grecia (Uwe Walter) si affianca alle riflessioni sulla politica nell’età moderna (Robert von Friedburg). L’arco si dilata poi ad abbracciare una storia del sapere della politica nell’età moderna (Merio Scattola), le tracce di una storia delle costituzioni europee (Pierangelo Schiera) fino alla questione della ricezione di Machiavelli in Carl Schmitt e a una lettura di Niklas Luhmann che si interroga sulla funzione delle ideologie nella politica moderna (Maurizio Ricciardi). È nel primo contributo che questo approccio ‘sovraepocale’ si manifesta con maggiore chiarezza. Le sue stimolanti riflessioni sono una dimostrazione convincente dell’utilità che esso può avere per la nostra concezione del ‘politico’. Uwe Walter, specialista di storia antica presso l’Università di Bielefeld, nella sua analisi naviga sapientemente tra il mondo antico e il mondo moderno, considerando al tempo stesso gli «Spezifika des Politischen in der griechischen Polis» e l’interpretazione di Aristotele di Hannah Arendt e Dolf Sternberger. Per la Arendt, il confronto con Aristotele ha dato accesso a una concezione liberale della politica che Walter definisce con queste parole: «das Politische als ein besonderer Raum zwischen den Menschen, der einen Zugriff auf die Welt im Modus des Sprechens und Handelns ermöglicht» (p. 25). Egli apre così il dibattito sulla concettualizzazione del ‘politico’, rifacendosi ad Aristotele e alla sua ricezione in Hannah Arendt definisce un «besonderer Raum», un luogo particolare.

Gli altri contributi, come si potrebbe argomentare, si confrontano con la strutturazione e l’organizzazione di tale luogo. Merio Scattola intende ad esempio il ‘politico’ come un luogo di sapere e azione nel quale «Handeln und Wissen … einander so nahe kommen, dass sie miteinander zusammenfallen. Die Wissenschaft oder die Lehre der Politik ist ein wesentlicher Bestandteil oder ist sogar das wesentlichste und konstituierende Element der Politik als menschlicher Bereich oder als Handeln» (p. 91). Il suo interesse non si rivolge soltanto a una concettualizzazione della politica, ma altrettanto a una riflessione storica sulla dinamica del cambiamento. Egli ricostruisce dunque due «Epistemologien». La prima di esse si fonda su una forma di conoscenza premoderna che argomenta in modo dialettico o topologico; la seconda invece su una moderna, che argomenta secondo una modalità sistematica. La forma di conoscenza diviene secondo Scattola epistemologia, nel momento in cui contribuisce a determinare in modo essenziale la comunicazione politica: nell’epistemologia politica premoderna, presentata in questo saggio sulla base di Johannes Althusius, si tratta dello scambio di virtù; l’epistemologia politica moderna, rappresentata qui soprattutto da Samuel Pufendorf, comunica attraverso lo scambio di informazioni (pp. 87 s.)

Nei contributi di Robert von Friedeburg e di Pierangelo Schiera si portano avanti discussioni che hanno accompagnato la Scuola di dottorato sin dai suoi inizi: la valutazione teorica e storica dello sviluppo dello stato moderno. Si è trattato di processi di istituzionalizzazione nel senso di un rafforzamento dell’attività di dominio con forme nuove di legittimazione del dominio stesso o questo processo si deve intendere invece come una prosecuzione di forme premoderne della legittimazione e delle prassi politiche con una nuova veste istituzionale? Diversamente da Schiera, Friedeburg sottolinea il ruolo decisivo delle élites, con le quali si dovettero trattare le ambizioni di dominio e che esercitarono il potere nei confronti dei sudditi. «Kurz: die beiden wichtigsten Militärreiche der Frühen Neuzeit waren alles, nur nicht absolutistisch zentralisierte Staaten im Sinne von bürokratischer Anstaltlichkeit» (p. 51). Come differenza fondamentale tra lo Stato moderno e il cosiddetto Stato assolutista, Friedeburg indica non ultima l’attribuzione dei ruoli ai governanti: «Unter diesen Umständen bedurfte es nicht des Machers, sondern des klugen Verwalters, des klugen Sachwalters der menschlichen Bedrängnisse …» (p. 55).

Possiamo stabilire in sintesi che l’elemento centrale di questo volume non è lo sviluppo di una teoria coerente del ‘politico’ nella storia, quanto nel presente. Nell’ottica dei cultural studies si potrebbe dire che va oltre: presenta argomentazioni e prospettive storiche nelle quali si possono trovare validi strumenti per un confronto meditato con il ‘politico’ nel contesto concreto della ricerca. È in questo che, secondo me, consiste il fascino di questo volume, di tutta la serie degli «Schriften zur politischen Kommunikation», quanto dell’intera Scuola di dottorato. Il dibattito tra le diverse tradizioni di ricerca è preso seriamente, la differenza non è percepita come una minaccia ma come una risorsa, e su questa base i dottorandi possono sviluppare delle tesi conclusive di primo ordine che rappresentano un vero e proprio arricchimento per il mondo della ricerca.

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