Reviewer Maurizio Cau - FBK-ISIG
CitationFin dai suoi primi pronunciamenti, il tribunale costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht) ha rappresentato un significativo fattore di stabilizzazione del sistema politico tedesco. In occasione del sessantesimo anno di attività della Corte di Karlsruhe l’editore Beck ha affidato alla cura di Michael Stolleis, professore emerito dell’Università di Francoforte e a lungo direttore del Max-Planck-Institut für europäische Rechtsgeschichte, un bilancio critico sulla storia del Bundesverfassungsgericht e sul ruolo preminente che esso ha svolto nell’evoluzione dell’esperienza democratica tedesca.
L’insieme dei contributi si propone di fornire uno sguardo «esterno» (per angolatura disciplinare e provenienza nazionale degli studiosi chiamati a intervenire) sull’evoluzione conosciuta dall’organo di giustizia costituzionale negli ultimi sessant’anni. Come testimonia il titolo del volume, non si tratta di una ricostruzione limitata al solo discorso giuridico. Lo studio intende infatti approfondire il rapporto della società tedesca con l’organo federale di giustizia costituzionale, rappresentato simbolicamente come il «cuore della repubblica». Lo dimostra la pluralità delle voci chiamate a riflettere sul ruolo che la giustizia costituzionale ha avuto nello sviluppo della cultura tedesca del secondo Novecento: storici, sociologi, scienziati della politica, storici dell’arte, teologi, filosofi e pubblicisti hanno ripercorso il valore che le decisioni della Corte – e le contrapposizioni pubbliche che ne hanno spesso accompagnato il cammino – hanno avuto nel percorso di maturazione della democrazia tedesca.
Proprio il carattere disciplinarmente eterogeneo dei contributi costituisce l’elemento di maggior interesse del volume, che propone tagli interpretativi spesso suggestivi e originali. È il caso delle riflessioni di Horst Bredekamp (Politische Ikonologie des Grundgesetz) dedicate all’iconologia politica della Legge fondamentale promulgata nel maggio del 1949. L’esame degli stilemi formali e della semantica rituale che hanno scandito i momenti più significativi – almeno dal punto di vista simbolico – della storia democratica tedesca consente di cogliere la dimensione «iconoclasta» del modello politico proposto all’indomani dell’ubriacatura retorica e nazista. Lo studio della dimessa e trattenuta dimensione iconica che accompagna i passaggi fondamentali della vita istituzionale della repubblica tedesca sembrerebbe dare conferma sul piano estetico del carattere fieramente antieroico della cultura costituzionale tedesca del dopoguerra.
Fin dagli esordi le sentenze del Bundesverfassungsgericht hanno svolto una funzione rilevante nell’azione di rimodellamento in chiave democratica del sistema politico tedesco. Come mostra l’intervento di Norbert Frei (Transformationsprozesse. Das Bundesverfassungsgericht als vergangenheitspolitischer Akteur in den Anfangsjahren der BRD), Karlsruhe ha svolto un ruolo di primo piano nella definizione della Vergangenheitspolitik che ha segnato il discorso pubblico tedesco fino agli anni Sessanta. Da un esame delle più rilevanti sentenze prodotte dalla Corte nei primi anni di attività – si pensi ai pronunciamenti sulla Sozialistische Reichspartei (1952), sulla reintegrazione degli Ehemaligen (1953) e sul noto «caso Lüth» (1958) – emerge chiaramente come l’azione di promozione e radicamento dei principî democratici nella società civile condotta dal tribunale costituzionale sia passata anche attraverso la rielaborazione del passato totalitario e dell’esperienza traumatica del deutsches Niedergang.
Il carattere proattivo dell’attività giurisdizionale della Corte è ben descritto da Friedrich Wilhelm Graf (Kontinuitätsfiktionen), secondo il quale il Grundgesetz tedesco avrebbe ricevuto validità e forza costitutiva solo attraverso l’attività interpretativa del Bundesverfassungsgericht. La Corte di Karlsruhe, pienamente partecipe della «sovra temporalità» che contraddistingue l’esperimento costituzionale tedesco, avrebbe in questo senso svolto una funzione di rilevanza assoluta.
L’elogio fa parte di ogni retorica di carattere commemorativo e il volume curato da Stolleis non manca di tributare il dovuto omaggio a un attore tanto significativo della dinamica politico-istituzionale della Repubblica federale. Pur entro un generalizzato clima di ammirazione nei riguardi di un organo divenuto negli anni un autentico pilastro della cultura (non solo politica e giuridica) tedesca, il volume non dimentica peraltro di ripercorrere le fasi più controverse di questa luminosa pagina di storia costituzionale. Otfried Hoeffe (Wer hütet die Verfassung von ihren Hütern?) richiama ad esempio alcuni degli elementi maggiormente problematici emersi nei primi decenni di vita del Bundesverfassungsgericht, dal rischio di un eccesso di competenze assunte dalla Corte (e di un conseguente spostamento degli equilibri dal potere legislativo a quello giudiziario) fino alla tradizionale questione legata alle forme di controllo da riservare ai controllori. Date per acquisite le inevitabili implicazioni di ordine politico legate all’attività giurisdizionale della Corte, restano tutt’ora da sciogliere alcuni nodi relativi al difficile equilibrio tra il potere di indirizzo del sistema costituzionale riconosciuto alla Corte e l’attività di orientamento politico che fa capo al potere legislativo.
Un interessante strumento di riflessione sulle specificità del caso tedesco è costituito dall’esame comparato dei differenti sistemi di giustizia costituzionale affermatisi nell’Europa del secondo dopoguerra. La ricostruzione riservata da Olivier Jouanjan (Conseil constitutionnel und Bundesverfassungsgericht: zwei verschiedene Modelle der europäischen Verfassungsgerichtsbarkeit) e da Etienne Francois (Der Bundesverfassungsgericht und die deutsche Rechtskultur: ein Blick aus Frankreich) alle differenze riconoscibili tra l’esperienza tedesca e quella francese consentono di lumeggiare, grazie a uno sguardo portato dall’esterno, gli elementi paradigmatici del modello giurisdizionale incarnato dalla Corte di Karlsruhe. Alla medesima funzione concorrono le riflessioni di carattere comparativo proposte dagli studiosi ungheresi e polacchi che hanno collaborato alla redazione del volume.
Il tribunale costituzionale tedesco non va peraltro pensato come una costruzione insensibile all’evoluzione del corso storico. Sorto in un clima politico e culturale piuttosto ostile come un esperimento del quale non si conoscevano le sorti, il Bundesverfassungsgericht a distanza di un sessantennio si è rivelato uno dei massimi successi della storia tedesco-federale. Non solo esso ha difeso l’ordine costituzionale, ma lo ha reso più elastico e pronto ad aprirsi ai rimodellamenti culturali e sociali che la storia reca inevitabilmente con sé. Ripercorrerne i pronunciamenti porta così a riconoscere la dimensione propulsiva di Politikmacher avuta dal tribunale costituzionale tedesco. I temi di carattere religioso di frequente al centro delle decisioni della corte offrono da questo punto di vista un osservatorio privilegiato: come molti saggi del volume mettono in evidenza, dalla netta inclinazione naturrechtlich degli esordi la corte è andata orientandosi nel corso degli anni verso posizioni maggiormente sensibili alla rivendicazione del principio di neutralità etica dello Stato.
Nell’ampliamento dei confini interpretativi dei diritti fondamentali sanciti dal Grundgesetz, così come nell’azione di omogeneizzazione del sistema costituzionale tedesco con le spinte sovranazionali di una realtà internazionale sempre più globalizzata e segnata dall’incertezza, si misura in altre parole la capacità mostrata nei primi sei decenni di attività dal Bundesverfassungsgericht di costituire un fondamentale strumento di indirizzo della società e della politica tedesche.