Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

38, 2012/1

Nils Jansen - Peter Oestmann (ed.)

Gewohnheit, Gebot, Gesetz

Review by: Émilie Delivré

Editors: Nils Jansen - Peter Oestmann
Title: Gewohnheit, Gebot, Gesetz. Normativität in Geschichte und Gegenwart: eine Einführung
Place: Tübingen
Publisher: Mohr Siebeck
Year: 2011
ISBN: 978-3-16-150911-7

Reviewer Émilie Delivré

Citation
É. Delivré, review of Nils Jansen - Peter Oestmann (ed.), Gewohnheit, Gebot, Gesetz. Normativität in Geschichte und Gegenwart: eine Einführung, Tübingen, Mohr Siebeck, 2011, in: ARO, 38, 2012, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2012/1/gewohnheit-gebot-gesetz-normativitat-emilie-delivre/

PDF

«Normativität bildete immer ein historisches Phänomen, auch – und vielleicht gerade – dann, wenn sie mit einem Ewigkeits- bzw.- Wahrheitsanspruch vertreten wird» (p. VII). Vale a dire, quelle norme che determinano la nostra vita sono così legate al loro periodo storico che diventano irrilevanti per il periodo successivo. E più pretendono di essere eterne, più sono destinate a svanire con il cambio di generazione. È così che Nils Jansen e Peter Oestmann introducono il volume Gewohnheit, Gebot, Gesetz, da loro curato. Gli autori sono membri dell’Exzellenzcluster «Religion und Politik» dell’Università di Münster, una delle cui principali ricerche è dedicata al tema della normatività: come conciliare le norme giuridiche con le norme morali e religiose, dissociate nel corso nella modernità europea? Cosa succede a queste norme quando lo stato liberale, multireligioso e secolarizzato, rinuncia ad ogni motivazione o giustificazione di natura trascendente?

Queste domande sono state al centro di una serie di seminari tenuti nel 2010. Il libro ne raccoglie i testi in due gruppi: il primo tratta della genesi della normatività, proponendo un approccio storico nel pensare la normatività in epoche e regioni diverse, anche se gran parte della riflessione è dedicata al medioevo occidentale. È su questa parte che mi soffermerò più a lungo. Il secondo gruppo si concentra poi sulla valutazione e la giustificazione di tali norme (religiose, morale e giuridiche) nel presente.

Il teologo Ulrich Berges individua nell’Antico Testamento una giustizia bifronte, tesa fra diritto e equità (Recht und Gerechtigkeit) e svela l’ambiguità nata con la rappresentazione di un Dio della giustizia salvatrice, protettore dei più deboli, accanto a quella di un Dio vendicatore, che uccide bambini innocenti. Quella tensione però viene disinnescata dall’attento uso di un vocabolario che mai contraddice il decalogo. Lo storico Gerd Althoff discute poi diversi approcci che storici e storici del diritto adottano quando trattano della società medioevale e della sua organizzazione. Mentre i secondi la vedono soprattutto costituita dal diritto consuetudinario, generato dall’esperienza e dalla pratica, i primi mettono l’accento su quello che Althoff chiama le «regole del gioco della politica» (Spielregeln der Politik), che sovraintendono la comunicazione della sfera pubblica medievale attraverso modelli mai formulati esplicitamente ma comunque determinanti nell’instaurazione e nella stabilizzazione di un regime. Althoff compara questi due strumenti di interpretazione della realtà medievale. Svelano spazi nuovi per lo svolgimento del diritto e della politica, lungo strade parallele rispetto a quelle delle fonti scritte e fuori dai luoghi comuni come il tribunale: spazi e pratiche che hanno contributo allo sviluppo di una normatività medievale che mescolava senza gerarchia aspetti giuridici e politici. Il giurista Wolfgang Kaiser si concentra sull’influenza del diritto romano nell’alto medioevo, mostrando come potesse, in certi casi, essere richiamato come norma valida in un’epoca marcata dalla molteplicità degli ordinamenti giuridici. La storica Sita Steckel studia la frontiera mobile fra l’eresia e l’ortodossia, per capire i cambiamenti delle norme nel medioevo, individuando i conflitti religiosi come momenti essenziali per la fondazione di norme (Normbegründung). Questi provocarono due movimenti fra il XII e XIV secolo, che spinsero uno verso la giuridicizzazione (Verrechtlichung) delle norme religiose, l’altro verso ricorsi sempre più frequenti alla norma religiosa in materia giuridica. Anche qui, la differenziazione tutta moderna fra norme giuridiche e religiose non funziona per descrivere la realtà medioevale. Peter Oestmann si concentra sul pluralismo giuridico – «il pane quotidiano del giurista» – alla fine del medioevo, che nel caso degli stati tedeschi prende la forma di un puzzle quasi impossibile da ricostruire, fino all’unificazione del diritto nel XIX secolo. L’autore evoca la divisione fra diversi tribunali secolari o religiosi, statali, comunali, corporativi ecc., ricordando l’adagio: «Recht ist, was gilt» (il diritto è /giusto è – quello che vige). Ma quale diritto vigeva? Dove? E quando? Le fonti scritte, testi giuridici e compendi di legge, dicono poco del diritto consuetudinario, che nel corso del medioevo passò da un fondamento personalistico ad uno di carattere territoriale, per poi diventare trasferibile. L’autore rintraccia attraverso i metodi di interpretazione la gerarchia dei diritti, dal più specifico allo ius commune (il ratio scripta), e mostra come un costume profondamente inserito nella realtà sociale non potesse mai essere considerato contrario alla legge. Una prospettiva normativa che cambierà poi radicalmente nel XIX secolo, quando la validità di tale codificazione non sarà più considerata valida perché adottata, ma perché promulgata.

Seguono tre saggi che si concentrano sulla questione dell’ambiguità normativa: Nils Jansen propone di ripercorrere i processi di dogmatizzazione avvenuti sia nel diritto che nella religione. Da storico del diritto si chiede come funziona la stabilizzazione di un sapere che accomuna i contemporanei e come si arriva a eliminare ambiguità e polisemia delle norme, vissute come pericolose sia nel diritto come nelle religioni occidentali. Ne individua diverse tappe: in primo luogo i metodi (come quello dell’interpretazione delle leggi o la lettura critico-storica della teologia) che stabiliscono quello che viene riconosciuto come argomento valido o non valido; quindi i processi istituzionali che le sostengono o non le sostengono, i testi che si fanno autorità; e infine la messa in scena dell’apparato normativo. È in questa ultima forma di comunicazione simbolica che, secondo l’autore, si ritrovano più somiglianze fra religione e diritto: nel rendersi visibili, entrambe le sfere cercano di raggiungere una presenza universale nel discorso normativo, rendendosi indisponibili all’interpretazione individuale. L’islamista Thomas Bauer insiste invece sulla tolleranza dell’ambiguità giuridica nell’islam classico, fenomeno che perdura fino alla modernità, quando venne sostituita dalla ricerca di controllo attraverso un diritto monosemico. Infine, lo storico del diritto Joachim Rückert ripercorre fino ad oggi la storia di un termine poco giuridico, quello del vaglio (Abwägung).

Gli ultimi saggi sono quelli del filosofo Thomas Gutmann sulla secolarizzazione e la creazione di norme, di Ludwig Siep, a sua volta filosofo, sulla creazione di norme nella filosofia pratica, del costituzionalista Christian Walter sullo Stato e la religione, del giurista dell’economia Matthias Casper sulla finanza islamica, infine del teologo Perry Schmidt-Leukel sulla questione della normatività nel pluralismo religioso.

Si tratta di un libro appassionante, che ancora una volta dimostra come l’interdisciplinarità, e soprattutto il lavoro comune di storici e storici del diritto, non soltanto apra nuove prospettive, ma alcune volte provochi addirittura capovolgimenti dell’indagine storica. I tribunali medioevali ne sono un esempio eclatante: mentre gli storici del diritto li vedono, con la partecipazione dei Dinggenossen, come un’espressione dell’indipendenza giuridica contro il potere politico, gli storici vi leggono il disciplinamento praticato dal sovrano che istituì quel tribunale. Ci sarebbe ancora tanto lavoro da svolgere in questa direzione, magari verso l’epoca moderna, troppo spesso studiata (dagli storici come dagli storici del diritto) sotto l’angolazione limitata dei testi normativi e delle fonti scritte: proprio queste regole e pratiche discusse nel libro (consuetudines, norme orali, tribunali popolari) messe in discussione dalla politica e dal diritto, dalla religione e dalla giurisprudenza, fino alla fine del XIX secolo (come i Rügegerichte), e alcune volte anche dopo. Infine, questa raccolta potrebbe allargare l’orizzonte anche degli storici generalisti, consentendo di approfondire la comparazione fra le modalità di dogmatizzazione giuridiche e religiose.

Subscribe to our newsletter

Partners