Annali dell'Istituto storico italo-germanico | Jahrbuch des italienisch-deutschen historischen Instituts

38, 2012/1

Ute Frevert et al. (ed.)

Gefühlswissen

Review by: Fernanda Alfieri

Editors: Ute Frevert et al.
Title: Gefühlswissen. Eine lexikalische Spurensuche in der Moderne
Place: Frankfurt a.M.
Publisher: Campus
Year: 2011
ISBN: 978-3-593-39389-6

Reviewer Fernanda Alfieri - FBK-ISIG

Citation
F. Alfieri, review of Ute Frevert et al. (ed.), Gefühlswissen. Eine lexikalische Spurensuche in der Moderne, Frankfurt a.M., Campus, 2011, in: ARO, 38, 2012, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2012/1/gefuhlswissen-eine-lexikalische-spurens-fernanda-alfieri/

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Se già nel 1941 Lucien Febvre invocava la necessità di fare una storia della vita emotiva dell’uomo in tutte le sue manifestazioni, negli ultimi anni la storiografia ha conosciuto un interesse talmente crescente per le emozioni che si è parlato di «emotional turn». Ne danno conto le numerose pubblicazioni prodotte in differenti contesti nazionali che teorizzano, assegnandole un proprio statuto disciplinare, la «storia delle emozioni»: per citarne solo alcune, dal pionieristico articolo di Barbara H. Rosenwein uscito oltre una decina di anni fa su The American Historical Review, che lancia una discussione ripresa poi su «History and Theory» nel 2010 (n. 42, fasc. 2), al volume curato da James S. Amelang e María Tausiet, Accidentes del alma: las emociones en la edad moderna nel 2009, che apre il dibattito in Spagna, al monografico di «German History» del 2010 (n. 28, fasc. 1) che documenta il consolidato interesse della storiografia tedesca per la questione. Ne danno conto anche i numerosi progetti di ricerca e le reti internazionali che queste raccolgono, dal progetto «Geschichte der Gefühle» del Max-Planck-Institut für Bildungsforschung di Berlino, al Centre for the History of the Emotions presso la Queen Mary University di Londra, all’imponente rete che fa capo Centre of Excellence for the History of Emotions finanziato dall’Australian Research Council. Il volume Gefühlswissen, frutto di un lavoro collettivo svoltosi nell’ambito del menzionato gruppo di ricerca berlinese «Geschichte der Gefühle», parte dalla constatazione che la contemporaneità è affetta da una sorta di onnipresenza delle emozioni. Una «ossessione per il sentimento» che attraversa tanto il discorso pubblico quanto gli ambiti specialistici, dall’economia alle neuroscienze alla medicina, chiamate in causa chi per individuare l’impatto della componente emozionale nei fragili equilibri finanziari o per indurre ai consumi, chi per spiegare la componente psichica della malattia, chi per rintracciare in qualche area cerebrale la radice prima, organica, del comportamento.

Dimostrare che tale centralità (e strumentalità) dell’emozione non sia nuova, ma abbia alle spalle una lunga elaborazione, che accompagna lo sviluppo della modernità, è lo scopo dello studio coordinato da Ute Frevert. I nove autori dei dieci contributi raccolti esaminano i valori e i significati che dalla seconda metà del XVIII secolo sono stati attribuiti ai sentimenti. Al centro del loro interesse non è tanto la storia di una singola e specifica emozione, ma il ruolo che le emozioni hanno avuto nell’economia generale delle società in Europa, nel loro fondarsi ed evolversi: che peso avessero nella definizione di concetti come umanità, individualità e soggettività, quale ruolo, quindi, nell’organizzazione dell’ordine sociale. Questioni che, si specifica in introduzione al volume, la tesi weberiana della modernità come disincanto del mondo e razionalizzazione avrebbe tenuto solo parzialmente presenti, tendendo ad escludere le emozioni dallo spazio pubblico e politico per relegarle nella dimensione privata. La tesi di Elias, a sua volta, ne avrebbe invece sottolineato la componente pulsionale, legata alle istanze primarie del corpo, sulla base del cui contenimento si sarebbe operata la civilizzazione. Gefühlswissen propone l’idea che dall’Illuminismo alla contemporaneità le vicende della comprensione e degli usi delle emozioni non siano necessariamente escludenti di queste ultime. L’età della ragione avrebbe conosciuto, anzi, l’auge del sentimento nel discorso filosofico e politico. Il sentire sarebbe stato chiamato a divenire componente progressivamente fondamentale nella definizione della percezione che l’individuo ha di sé («Io sento, dunque sono») e nell’organizzazione del rapporto con l’altro. Quest’ultima si realizzerebbe attraverso un doppio processo di «posizionamento» in cui il sentire ha una funzione imprescindibile: il primo colloca il soggetto in un determinato ceto sociale (all’interno di un’aristocrazia algida e dissimulatrice, o di una borghesia sentimentalmente autentica, o di un popolo bestialmente passionale?); il secondo processo situa l’umano in relazione con il non umano, che sia l’animale, un’umanità considerata «inumana» per carenza di civiltà (si legga civiltà occidentale versus civiltà altre, che sentono meno, e quello che sentono lo sentono grossolanamente). L’ascrizione al genere maschile e femminile, prima e originaria attribuzione di ruolo e relativa posizione nel mondo, chiama a sua volta in causa la sfera emozionale e in essa fonda e legittima le differenze. Il titolo del volume, Eine lexikalische Spurensuche in der Moderne (traducibile come «Un’indagine lessicale nella modernità») definisce chiaramente il percorso attraverso il quale si è compiuta la ricerca: l’esame sistematico dei principali lessici ed enciclopedie prodotte in Germania, Inghilterra e Francia a partire dalla fine del Settecento, intende mostrare le vicende «socio-semantiche» dei lemmi utilizzati nell’arco di tre secoli per definire i sentimenti, mettendo in connessione le definizioni con le tensioni, fra saperi e poteri, che le hanno prodotte. Nella definizione di ogni parola – che è per sé operazione di messa in ordine all’interno di una rete di significati e di saperi – si rifletterebbero, infatti, altre organizzazioni, altri riordini. Quella che ricade nei vari Konversationslexikon, Brockhaus, Dictionnaire, Encyclopédie, Encyclopaedia, fino ai lessici contemporanei, è non solo un’idea di sapere organizzato, ma anche di socialità organizzata, per inserirsi all’interno della quale è necessario accettare norme di comunicazione condivise e disporre di un patrimonio nozionistico comune, portatore di un ordine normativo che i lessici menzionati veicolano. Lo spoglio sistematico di questi strumentari intende mettere in luce i valori assegnati ai sentimenti negli ultimi tre secoli: quale centralità hanno ricevuto, quale potere definitorio del soggetto e dei suoi limiti, quali implicazioni politiche a seconda dei contesti nazionali considerati, quale porosità all’influenza delle discipline via via chiamate ad amministrarli. Quest’ultima prospettiva – quali saperi, quali poteri per il governo delle emozioni – offrirebbe anche una chiave periodizzante. Il percorso verso la modernità sarebbe stato caratterizzato da una seconda Sattelzeit alla fine del XIX secolo, che, a processo di individualizzazione compiuto, insieme all’allentarsi della stretta identificante e socializzante della religione e dell’appartenenza di ceto, avrebbe visto assurgere psichiatria e psicologia al ruolo di scienze-guida per la comprensione e la gestione del sentire: curato, patologizzato, normalizzato.

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