Reviewer Maurizio Cau - FBK-ISIG
CitationLa rielaborazione del passato ha, come è noto, un ruolo centrale nei processi di costruzione dell’identità nazionale e culturale di un paese. Un esempio particolarmente significativo lo ha offerto la Germania del secondo dopoguerra, per la quale il distanziamento dall’esperienza storica del totalitarismo ha rappresentato un passaggio fondamentale verso l’articolazione di un nuovo assetto democratico. Se negli anni la storiografia ha prestato notevole attenzione al peso che la rielaborazione del fenomeno nazionalsocialista ha avuto per la fondazione della Repubblica Federale Tedesca, la riflessione sul ruolo avuto dal ripensamento del modello weimariano operato nel dopoguerra non è stata tematizzata con altrettanto rigore.
Alcuni lavori significativi hanno iniziato negli ultimi anni a colmare questa lacuna, a partire dagli studi curati da Friedrich Balke e Benno Wagner (Vom Nutzen und Nachteil historischer Vergleiche. Der Fall Bonn-Weimar, 1997), da Christoph Gusy (Weimars lange Schatten – «Weimar als Argument nach 1945», 2003) e da Heinrich August Winkler (Weimar im Widerstreit. Deutungen der ersten deutschen Republik im geteilten Deutschland, 2002); ma è con il lavoro di Sebastian Ullrich che questo filone della storiografia tedesca prende la forma di un lavoro monografico di ampio respiro.
Frutto di una ricerca dottorale svolta presso la Humboldt-Universität di Berlino, il volume analizza la rielaborazione dell’esperienza weimariana operata dall’opinione pubblica tedesca negli anni della costruzione del nuovo assetto democratico. Attraverso lo studio di un ampio spettro di fonti (stampa quotidiana e periodica, protocolli dei principali organi deliberativi, radio, Tv), il lavoro ricostruisce il ruolo che il fallimento dell’esperimento repubblicano weimariano ha avuto nella comunicazione politica tedesco-occidentale tra gli anni Quaranta e gli ultimi anni Cinquanta.
Fin dall’inizio la democrazia di Bonn fu strettamente legata alla vicenda politica di Weimar, che rappresentava per i tedeschi qualcosa di più di una semplice esperienza storica: come ha indicato Karl Dietrich Bracher a metà degli anni Sessanta, le ombre proiettate dal fallimento dell’esperienza weimariana condizionarono profondamente la nascita della Bundesrepublik e della sua struttura costituzionale. Utilizzando il «complesso di Weimar» diffusosi nella Germania postbellica come un filtro attraverso cui rileggere la cultura politica tedesca dell’epoca, Ullrich mostra in maniera convincente quanto il processo di legittimazione della neonata repubblica si sia giocato anche, e in misura non trascurabile, sugli alterni processi di distanziamento e riappropriazione simbolica rispetto al passato democratico. Interessato alla ricostruzione della produzione discorsiva alimentatasi intorno a Weimar, il lavoro si pone come obiettivo la risposta a precisi interrogativi: come si è posizionata la società tedesco-occidentale rispetto alla repubblica precedente? Come ne ha interpretato la storia? Quali i rapporti tra quell’esperienza e la democrazia di Bonn?
La ricostruzione dell’«ossessione per Weimar» è operata facendo leva su tre blocchi tematici, comprendenti l’esame dei processi discorsivi e narrativi legati al passato repubblicano, la riflessione sulla prima democrazia tedesca come strumento di legittimazione storico-politica della Bundesrepublik e l’uso dell’argomento storico weimariano esaminato all’interno dei diversi orientamenti politici.
Dopo aver richiamato le forme assunte dal discorso pubblico su Weimar negli anni del regime nazista, fattosi promotore di una campagna di diffamazione in cui l’esperienza repubblicana veniva stilizzata come il punto più basso della storia politica tedesca, Ullrich ripercorre la damnatio memoriae che fino al termine del secondo conflitto mondiale investì, anche nei circoli degli intellettuali in esilio, il ricordo della prima democrazia.
Nell’immediato dopoguerra l’orizzonte non mutò sostanzialmente di segno; per via delle presunte responsabilità di Weimar rispetto all’avanzata del disegno nazista e della diffusa sfiducia nei riguardi della democrazia parlamentare, l’esperienza della repubblica nata dalla Novemberrevolution non entrò a far parte del bagaglio di legittimazione storico-culturale utilizzato per fondare il nuovo assetto statale.
Nella sua dimensione problematica e controversa, il passato weimariano costituì in ogni caso una presenza centrale nel dibattito politico, pubblicistico e costituzionale del dopoguerra, percorso dai timori che il nuovo esperimento democratico potesse ripetere il fallimento della prima repubblica.
L’autore dedica grande attenzione alla ricostruzione dei divergenti modelli interpretativi emersi in seno ai differenti orientamenti politici: dal fronte liberale a quello socialdemocratico, dall’orizzonte comunista a quello di matrice cattolica, il discorso su Weimar ha conosciuto infatti declinazioni differenti. Mentre le forze socialdemocratiche e quelle della sinistra liberale manifestarono fin da principio il proprio interesse verso una possibile ripresa del modello democratico, la borghesia conservatrice e liberale osteggiò la riproposizione del sistema repubblicano a base partitica di weimariana memoria.
Quello dell’uscita della nuova esperienza repubblicana dal cono d’ombra dei fallimenti di Weimar è stato un percorso niente affatto lineare, che ha conosciuto un processo di stabilizzazione solo nei maturi anni Cinquanta. Con l’avvio dell’era Adenauer i richiami alla storia della prima repubblica smisero di avere una funzione destabilizzante e vennero assumendo, al contrario, una connotazione legittimante. Al motto «Bonn non è Weimar» lanciato a metà degli anni Cinquanta da Fritz René Allemann, prese corpo nei riguardi del nuovo ordine politico-istituzionale un consenso crescente, che non mancò di avere dirette conseguenze sulla valenza simbolica attribuita alla prima esperienza repubblicana. All’illustrazione di questa variante stabilizzatrice del discorso su Weimar Ullrich dedica pagine di notevole lucidità, ripercorrendo le costruzioni retoriche cresciute sia in seno al dibattito politico, sia nel più generale discorso pubblico tedesco-occidentale.
In questo articolato intreccio tra differenti fronti argomentativi trova conferma la robustezza di un’opera capace di muoversi con sicurezza tra i modelli concettualizzanti proposti dalle élites intellettuali e le pratiche discorsive caratteristiche dell’opinione pubblica. Un fronte altrettanto valido della ricerca di Ullrich riguarda l’accurato esame dei principali filoni storiografici dedicati a Weimar: se inizialmente la ricerca storica è stata guidata dal chiaro sforzo di liberare la prima esperienza repubblicana tedesca dalla ‘colpa’ di aver aperto la strada al nazismo, con le ricerche di Fritz Fischer e Karl Dietrich Bracher la storiografia su Weimar ha iniziato ad essere condotta entro un quadro ideale chiaramente legato al nuovo orizzonte politico-istituzionale.
Grazie a una finezza di analisi e a una plasticità argomentativa non comuni, la sintesi proposta da Ullrich si pone a pieno titolo tra i ‘classici’ della storiografia tedesca dedicata alla rinascita democratica.