Reviewer Christian Bonazza
CitationI tempi e le forme della professionalizzazione del mestiere di storico a partire dall’Ottocento riflettono complessi processi di trasformazione politico-istituzionale, socio-economica ed intellettuale dei quali l’Atlas of European Historiography. The Making of a Profession 1800-2005 fornisce un quadro dettagliato e un’analisi approfondita. L’approccio non convenzionale alla storia della storiografia rappresenta la cifra più rilevante e originale di quest’opera, nata da un progetto ponderoso promosso nel 2003 dall’European Science Foundation, esito di un sorprendente network scientifico internazionale coordinato da Ilaria Porciani e Lutz Raphael.
Particolarmente innovativa è la prospettiva storico-geografica adottata. Due parti distinte raccolgono numerosi contributi di autorevoli studiosi: la prima (Europe) ripercorre ed esamina diffusamente, in un’ottica comparata e plurisecolare (1800-2005), le tappe della nascita dello storico di professione in ambito europeo, dove l’introduzione della storia nei curricula scolastici, in particolare in quelli universitari, è fenomeno relativamente recente.
La seconda (Countries) approfondisce questo processo nelle singole realtà nazionali europee in una serie di capitoli corredati da una breve cronologia delle fasi storiografiche più significative, da mappe e grafici dettagliati e da una bibliografia aggiornata. Pur trattando ampiamente lo sviluppo della ricerca storica nell’Europa continentale e nord-occidentale, l’Atlas offre un’inedita e accurata analisi del consolidamento della storiografia nei paesi dell’Europa orientale, nelle regioni balcaniche, nella parte europea della Russia e in Turchia, vero e proprio ponte con il Medio Oriente, trattando anche nazioni spesso considerate marginali dalla storiografia quali Islanda, Cipro, Malta e Moldavia.
L’opera ricostruisce un quadro complesso e ricco di sfumature, superando la lettura rigidamente teleologica del processo di istituzionalizzazione della storia – visto come esito dell’azione dello Stato-nazione accentratore otto- e novecentesco – che ha caratterizzato una parte rilevante della letteratura scientifica. L’opera riconosce il ruolo cruciale dello Stato nel creare università, archivi, musei, biblioteche e istituti di ricerca, nel formare personale specializzato e salariato e nel sovvenzionare attività di ricerca storica. Altrettanto rilievo è dato al contributo dell’élite politico-intellettuale legata ai movimenti nazionalistici nel consolidare la ricerca storica attraverso l’indagine e la costruzione del passato nazionale e la celebrazione di un’identità storica condivisa.
Tuttavia il volume riconosce e indaga altri soggetti il cui ruolo, autonomo o complementare rispetto ai processi di nation-building, è stato decisivo nel consolidare professionalmente e scientificamente la storia. In particolare analizza l’apporto decisivo delle associazioni storiche diffuse in tutta Europa i cui membri sono spesso autodidatti e appassionati di storia nazionale, locale o municipale. L’esito più rilevante dell’attività di queste associazioni si ha con i Monumenta Germaniae Historica, un vasto piano di edizione dei documenti inizialmente ispirato da un sentimento nazional-romantico. Il progetto, che assumerà tratti di ricerca storica organizzata e coerente, diviene presto un modello storiografico ‘esportabile’. Contestualmente le associazioni assumono un ruolo fondamentale nella promozione e legittimazione della storia nazionale di minoranze. Significative sono, ad esempio, le associazioni storiche locali lituane e ungheresi che danno vita nel corso dell’Ottocento ai primi istituti di ricerca e musei etnografici.
Uguale rilevanza è riconosciuta al ruolo rivestito dai primi professori universitari, figure spesso mediane tra scienza e mestiere, i quali personalizzano una disciplina ancora in fase di formazione. È il caso dei seminari che agli inizi dell’Ottocento non solo sono influenzati dallo stile individuale di chi li coordina ma spesso sono tenuti, come nel caso di Leopold von Ranke, presso residenze private.
Grande rilievo è dato anche all’importante funzione svolta – nel consolidamento professionale dello storico e nella promozione della disciplina – dall’industria editoriale che diffonde il gusto per la storia presso l’opinione pubblica europea otto- e primo-novecentesca. Gli editori supportano e commissionano la pubblicazione di saggi e di riviste specializzate: nel 1898 il francese Hachette affida a Ernest Lavisse la stesura della storia di Francia.
Uno degli aspetti interessanti messi in evidenza è la scarsità del contributo femminile nella ricerca storica europea: una tendenza che comincia a mutare solamente a partire dalla fine degli anni Venti del Novecento. È in Unione Sovietica che le donne, pur minoranza, ottengono maggior spazio istituzionale rispetto all’Europa occidentale, nella quale fa eccezione la sola Inghilterra.
L’Atlas mette in evidenza, inoltre, il cambiamento strutturale profondo che investe la disciplina e la professione di storico nel secondo dopoguerra e le contraddizioni che ne derivano, fornendo molti dati significativi. È a partire dalla seconda metà del Novecento che in Europa si registra una crescita senza precedenti della professionalizzazione dello storico: dalla fine degli anni Venti al 1955 i posti fissi all’interno dell’università e degli istituti di ricerca crescono del 612%. Nei successivi 25 anni gli stessi aumentano del 340%, sebbene con sensibili differenze tra Est e Ovest. Il volume sottolinea come la grande quantità di risorse investite nella ricerca da parte dello Stato e da istituti di ricerca privati agevoli questo processo, alla base del quale vi è l’interesse crescente per il discorso storico che segue le tragiche vicende della Seconda guerra mondiale e la nascita di Paesi socialisti. In questo contesto, la storia economica, sociale e diplomatica diviene uno strumento efficace di costruzione e legittimazione del recente passato di nuove entità statali e agli storici sono offerti nuovi spazi istituzionali.
L’opera evidenzia poi come l’intero edificio istituzionale della ricerca storica venga colpito da una crisi gravissima e muti a seguito del collasso dello Stato e dei successivi shock economici in Europa orientale dopo il 1989.
L’analisi dà conto altresì di come, a partire dagli anni Ottanta, in Europa occidentale la professione sia contraddistinta dalla progressiva precarizzazione dell’alto numero di specialisti, dalla flessibilità dei rapporti professionali e dalla diminuzione degli investimenti. Ben analizzati sono i mutamenti indotti dalla progressiva digitalizzazione. L’Atlas, esito del coordinato lavoro di ricerca di circa ottanta studiosi, articolato in 1.650 files e più di 50.000 voci, è esso stesso prodotto originale del profondo cambiamento che ha subito la ricerca storica negli ultimi decenni.
Quest’opera innovativa e preziosa getta finalmente luce sulla graduale organizzazione della ricerca storica, sulle ragioni e sulle conseguenze dell’inserimento della disciplina nei curricula accademici e su alcune rilevanti questioni poste, tra l’altro, anche da Arnaldo Momigliano (Georges Lurcy Lecture, Chicago, 19811982), fino ad ora ancora poco indagate.