VII, 2024/1

Claudio Ferlan

Storia delle missioni cristiane

Review by: Daiana Menti

Authors: Claudio Ferlan
Title: Storia delle missioni cristiane. Dalle origini alla decolonizzazione
Place: Bologna
Publisher: Il Mulino
Year: 2023
ISBN: 9788815386243
URL: link to the title

Reviewer Daiana Menti - Università Ca' Foscari di Venezia

Citation
D. Menti, review of Claudio Ferlan, Storia delle missioni cristiane. Dalle origini alla decolonizzazione, Bologna, Il Mulino, 2023, in: ARO, VII, 2024, 1, URL https://aro-isig.fbk.eu/issues/2024/1/storia-delle-missioni-cristiane-daiana-menti/

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La dimensione missionaria, l’aspirazione universalistica, la spinta cioè alla trasmissione di una verità “assoluta” e quindi alla conversione del prossimo, è connaturata al cristianesimo. Con questa premessa, il volume presenta una storia globale dell’evangelizzazione cristiana abbracciando di conseguenza un periodo cronologico molto ampio: dalla testimonianza dei primi cristiani del periodo apostolico e post apostolico fino alle istanze di rinnovamento promosse dal Concilio Vaticano II.

In quattro agevoli capitoli che corrispondono grossomodo alla tradizionale suddivisione didattica della storia, l’autore ripercorre le tappe (cronologiche e geografiche) della diffusione del messaggio cristiano, offrendo al contempo un’analisi articolata dell’evoluzione della concezione missionaria e della relativa prassi, dell’influenza delle contingenze storiche sulla definizione dei modelli e delle strategie missionarie perseguite da diversi attori (di tutte le confessioni cristiane) nelle varie epoche.

Una trattazione cronologica così ampia giustifica alcune preliminari quanto fondamentali puntualizzazioni, rispettivamente terminologiche e metodologiche, da parte dell’autore.

La storia delle missioni si basa su fonti tanto eterogenee (archeologiche, ma anche lettere, diari, fotografie, etc.) quanto parziali, perché in gran parte espressione del punto di vista degli evangelizzatori e di conseguenza permeate di una prospettiva di superiorità religiosa e culturale, eurocentrica. Ciò porta l’autore a formulare il concetto che la storia dell’evangelizzazione cristiana  – non di rado forzata – sia in grandissima parte una storia della disuguaglianza.

Per quanto riguarda invece la terminologia, vi sono diverse espressioni precedenti all’affermarsi del termine “missione” (introdotto, nella sua accezione comune per indicare l’attività di evangelizzazione su mandato di un’autorità superiore, dai gesuiti e istituzionalizzato dalla Congregazione romana De Propaganda Fide) e più adatte a descrivere le molteplici forme che caratterizzarono l’impegno per la diffusione del cristianesimo nei primi sedici secoli in assenza di una strategia di evangelizzazione ordinata e centralizzata. La spinta missionaria della prima generazione di cristiani, improntata ai cosiddetti “metodi spontanei” (basati sulla predicazione itinerante, accompagnata da gesti concreti di carità e servizio verso le parti sociali più disagiate, da miracoli etc. e sulla testimonianza individuale di cristiani comuni) garantì la progressiva e sensibile diffusione di una fede inizialmente minoritaria prima della svolta costantiniana impressa alla politica religiosa imperiale. Una menzione particolare merita l’approfondimento dedicato al protagonismo femminile nella diffusione del Vangelo e nella testimonianza di fede, non solo all’interno di una dimensione matrimoniale/famigliare, ma con ruoli anche organizzativi e direttivi funzionali al primo sviluppo delle comunità cristiane.

L’autore analizza la complessa combinazione di contingenze storiche (il declino del paganesimo, la progressiva compenetrazione tra Chiesa e Impero, la valenza politica delle conversioni dei regnanti, le guerre di conquista) e fattori interni (l’istituzionalizzazione ecclesiastica, il ruolo sempre più rilevante degli ordini monastici e il perfezionamento dei metodi missionari) che favorì una fase di espansione per il cristianesimo occidentale-europeo di tradizione latina, diffusosi, seppur in modo disomogeneo,  in tutta Europa alla fine del medioevo.

Le scoperte geografiche dell’età moderna inaugurarono la dimensione intercontinentale della missione cristiana, preludendo alla diffusione del cristianesimo su scala globale. In un capitolo piuttosto denso, l’autore affronta le molteplici questioni sorte da questa svolta impressa all’evangelizzazione: prima fra tutte, la commistione con gli interessi coloniali, ma anche la diversificazione degli approcci missionari su base geografica (ad esempio nei confronti delle civiltà asiatiche e amerinde o l’impegno per il mantenimento delle comunità cristiane nel vicino Oriente), ma anche le diverse modalità di presenza nei territori di missione del clero secolare e regolare (i quali godettero, a causa delle distanze e delle difficoltà di comunicazione, di spazi inediti di autonomia nonostante la centralizzazione amministrativa sancita dalla fondazione della Congregazione De Propaganda Fide nel 1622), quest’ultimo impegnato anche sul fronte europeo della missione, nella cosiddetta rievangelizzazione dei territori interessati dalla Riforma. I missionari della Compagnia di Gesù godono in questo capitolo di un giustificato protagonismo: basti qui ricordare lo stile di evangelizzazione improntato all’accomodatio, o il ruolo avuto nella diffusione in Europa di un immaginario della missione grazie ad un gran numero di memorie scritte, oggi a disposizione degli storici.

L’autore esplora i molteplici fattori, esterni ed interni, che portarono alla crisi della missione cattolica durante il periodo illuminista e al suo ritrovato dinamismo nel XIX secolo (definito appunto “il secolo missionario”), sorretto – nel quadro di una rafforzata centralizzazione romana – anche da nuovi istituti di sacerdoti secolari devoti alle missioni e da un neonato associazionismo sul modello di quello evangelico, più sollecito e apertosi precocemente all’impegno delle donne nubili nelle missioni.  

Lo slancio missionario precedette l’avanzata del colonialismo europeo nella seconda metà del XIX secolo, ma ne beneficiò in seguito degli sviluppi, in un rapporto di reciproco pragmatismo sostenuto dalla comune convinzione della superiorità culturale e tecnica del vecchio continente.

La difficoltà oggettiva di dare una sintesi esaustiva delle complesse dinamiche che interessarono il mondo missionario nel corso del XX secolo si riflette nelle poche pagine conclusive: le nuove linee programmatiche elaborate a partire dalla lettera apostolica del 1919 Maximum illud (condanna di ogni spirito nazionalistico, richiamo degli istituti religiosi missionari alla collaborazione, formazione del clero indigeno) per la ripresa dell’attività evangelizzatrice dopo la battuta d’arresto segnata dal primo conflitto mondiale, si scontrarono con l’effettiva precarietà del mondo missionario, aggravatasi nel secondo dopoguerra con l’accelerazione del processo di decolonizzazione che richiese strategie di sopravvivenza non generalizzabili, caratterizzate da una estrema varietà di situazioni, prese di posizione e opzioni pastorali.

La nomina di vescovi e cardinali provenienti da ex colonie, le risoluzioni del Concilio Vaticano II, l’avvio del dialogo ecumenico e interreligioso, l’importanza attribuita alla formazione sia del clero che del laicato (maschile e femminile), testimoniavano la vivacità dei dibattiti interni al mondo cristiano, segnati da prese di coscienza volte a rimettere in causa l’occidentalizzazione dell’apostolato missionario, riconoscendo dignità alle culture indigene. Ma, conclude l’autore, il tentativo di ordinare gli elementi di un nuovo paradigma della missione in un contesto in continuo mutamento esula dall’obiettivo prettamente storiografico del volume.

Quest’ultimo, corredato di un’appendice documentaria e di una bibliografia orientativa essenziale ma scelta, si conferma un’ottima sintesi e un valido strumento per un primo approfondito approccio al tema delle missioni cristiane.

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